Formazione permanente, perchè è una priorità anche per le PMI? 

Formazione permanente, perchè è una priorità anche per le PMI? 

L’85% delle aziende considera la formazione aziendale molto importante o addirittura fondamentale. Questo dato evidenzia come l’apprendimento continuo sia considerato una leva strategica per lo sviluppo e la trasformazione delle imprese. Lo afferma un’indagine condotta da Gility, una società EdTech nata come joint venture tra CDP Venture Capital Sgr e BPER Banca, con l’obiettivo di sostenere la competitività delle aziende italiane e favorire la crescita delle competenze abbattendo le barriere all’accesso per una formazione continua e mirata, anche tra le PMI.

Una survey a tappeto

L’analisi di Gility si basa su una survey distribuita a un campione di 200 aziende italiane, affiancata da un’indagine qualitativa con interviste semi-strutturate a 64 professionisti delle Risorse Umane, del Learning & Development e del management aziendale. La ricerca offre una panoramica che coinvolge diverse realtà aziendali e settori industriali, con una significativa presenza di PMI e microimprese (53% del campione, considerando il numero di dipendenti).

Competenze informatiche e soft skills le aree a maggior sviluppo

Dall’indagine emerge che le aree in cui le aziende investono maggiormente in formazione, escludendo quella obbligatoria, riguardano le competenze specifiche per mansione/settore (32%), le competenze digitali e informatiche (27%), le soft skill (20%), le lingue (5%), la sostenibilità ambientale (4%) e altre tematiche (12%). Tuttavia, risulta interessante notare che le tematiche più richieste dai dipendenti non corrispondono sempre alla formazione offerta: il 15% vorrebbe ricevere più formazione sulla sostenibilità e il 50% sulle lingue.

Formazione a distanza o in presenza?

Anche se il Digital Learning, sia sincrono che asincrono, sta guadagnando importanza, il 66% delle aziende torna alla formazione in presenza. Un segnale che l’implementazione pratica di strumenti tecnologici avanzati è ancora agli inizi. Tra i benefici più apprezzati dai dipendenti in merito alla formazione digitale spiccano la flessibilità nell’erogazione (86%), il risparmio di tempo e costi (80%) e la semplicità di accesso (60%).

Le nuove generazioni chiedono flessibilità

Le nuove generazioni mostrano una netta preferenza verso un approccio flessibile alla formazione continua, prediligendo modalità autonome e micro-pillole formative. Tuttavia, manifestano anche il bisogno di applicare concretamente quanto appreso, desiderando metodologie interattive come il role play, la formazione in presenza e il coaching. Le principali aree di formazione su cui si punterà nel 2024 riguardano la comunicazione e la collaborazione, l’intelligenza artificiale e le competenze digitali.

Resto al Sud, come accedere ai finanziamenti per l’imprenditoria nel Mezzogiorno?

Resto al Sud, come accedere ai finanziamenti per l’imprenditoria nel Mezzogiorno?

Anche per il 2023 esiste Resto al Sud, un’operazione gestita da Invitalia che rappresenta un’opportunità di grande rilevanza per sostenere la creazione e lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali e professioni autonome in diverse regioni d’Italia. Promuove nello specifico la crescita economica e l’innovazione nelle regioni meridionali del Paese.
Resto al Sud 2023 mira principalmente a incentivare l’apertura di nuove imprese nelle seguenti regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, nonché nelle zone colpite dal cratere sismico del Centro Italia, che include Lazio, Marche, Umbria, e nelle isole minori marine, lagunari e lacustri del Centro-Nord.

Destinato ai maggiorenni fino a 55 anni

Questo programma è destinato ai cittadini con età compresa tra i 18 e i 55 anni e dispone di un budget totale per il 2023/2024 di 1 miliardo e 250 milioni di euro. Le attività che possono beneficiare del finanziamento attraverso “Resto al Sud” comprendono vari settori, tra cui industria e artigianato, trasformazione dei prodotti agricoli, pesca, acquacoltura, servizi per aziende e privati, turismo, commercio e professioni autonome, sia individualmente che in forma societaria. È importante notare che le attività agricole non rientrano tra le categorie finanziabili attraverso questo programma.

Gli importi finanziabili

Il finanziamento fornito da Resto al Sud 2023 può coprire completamente i costi associati al progetto presentato, con un limite massimo di 50.000 euro per ciascun richiedente. Tuttavia, questo importo può salire fino a un massimo di 200.000 euro nel caso di società composte da un massimo di quattro membri. Per le imprese gestite individualmente, il massimo finanziamento erogabile è fissato a 60.000 euro. Inoltre, è previsto un contributo aggiuntivo non rimborsabile per le esigenze di capitale circolante, che varia in base alla struttura dell’impresa. Le spese ammissibili per il finanziamento includono lavori di ristrutturazione o manutenzione straordinaria di immobili (non oltre il 30% del budget totale del progetto), acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature, acquisto di software e servizi legati alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché spese operative (limite massimo del 20% del budget totale del progetto). Va notato che le spese relative a progettazione e promozione, consulenze e costi del personale dipendente non sono considerate ammissibili per il finanziamento.

La quota di contributo a fondo perduto

Le agevolazioni fornite da Resto al Sud coprono integralmente le spese ammissibili attraverso un contributo a fondo perduto che copre il 50% delle spese e un finanziamento bancario che copre il restante 50%, garantito dal Fondo di Garanzia per le PMI, con interessi interamente sostenuti da Invitalia.
Per presentare una domanda di finanziamento, è necessario seguire una procedura online attraverso il sito web di Invitalia e utilizzare un’identità digitale come SPID, CNS o CIE. La domanda deve includere il piano aziendale e i documenti correlati, e richiede una firma digitale e un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC). Una volta completata e inviata la domanda, verrà assegnato un numero di protocollo elettronico. Inoltre, è possibile apportare modifiche ai contatti dopo l’invio della domanda.
Le domande presentate sono valutate in base all’ordine cronologico di ricezione, entro un periodo di 60 giorni dalla data di presentazione. 

Smartworking e nuove professioni cambiano le vacanze: addio ferie d’agosto

Smartworking e nuove professioni cambiano le vacanze: addio ferie d’agosto

Come tutto ciò che riguarda il mondo del lavoro, anche le vacanze sono entrate nel vortice del cambiamento. Da policy aziendali che sperimentano lo smartworking ad aziende che sperimentano ‘ferie libere’, un modello che dà ai propri dipendenti massima flessibilità, anche l’Italia si sta interrogando su alcuni assunti da sempre considerati caposaldo delle vacanze. Come quello secondo il quale la parola ‘ferie’ è accompagnata da ‘agosto’. Un’abitudine che risale ai tempi dei Romani, mantenuta viva fino a oggi e alimentata dal fatto che le ferie scolastiche in Italia sono quasi tutte concentrate in estate, soprattutto ad agosto. Ma qualcosa sta cambiando.

Meno esodo estivo più week end lunghi

“La concezione delle ferie cambia, come cambia il mondo del lavoro – commenta Pietro Novelli, general manager di Oliver James Italia -. L’introduzione dello smartworking sta modificando le abitudini dei lavoratori italiani a partire dalle due canoniche settimane centrali di agosto. La possibilità di lavorare da luoghi diversi dall’ufficio permette di ri-organizzarsi, potendo unire smartworking e weekend lunghi, suddividendo le vacanze in più momenti dell’anno – continua Novelli -. Si assiste sempre meno all’esodo estivo e alle code infinite in autostrada: le persone possono concedersi fine settimana fuori casa lavorando da remoto anche il lunedì e il venerdì, evitando così imbottigliamenti e rientri notturni la domenica sera”.

Lavorare da remoto in estate

Insomma, “I dipendenti hanno l’opportunità, come policy, di lavorare da remoto tutto agosto, sia per via della chiusura aziendale sia grazie a politiche di full remote working per il periodo estivo”, aggiunge Novelli.
In ogni caso, con 22 giorni l’anno di ferie più 10 festività nazionali, l’Italia si posiziona al quarto posto nella classifica europea dei paesi con più ferie pagate all’anno. Sopra, Austria (con 35 giorni), Portogallo (22 giorni più 13 festività nazionali) e Spagna (22 giorni e 12 festività nazionali). Fanalino di coda, il Regno Unito, che con soli 20 giorni l’anno di ferie e 8 festività chiude la classifica.

Dagli Usa arriva il Discretionary Time Off

Ma basta andare oltreoceano per vedere tutto un altro mondo: in USA, ad esempio, non sono garantiti i giorni di ferie pagati dal datore di lavoro, ma solo le festività nazionali. Molte aziende garantiscono lo stesso le ferie, che però, si aggirano tra 10 e 14 giorni all’anno.
“Un quadro ben diverso da quello europeo – racconta Novelli – Eppure, è proprio dagli Stati Uniti che stanno nascendo nuove tendenze in fatto di ferie e lavoro”.
Le big tech americane, come Adobe, Salesforce, LinkedIn, Oracle, Netflix e ora anche Microsoft, stanno dando vita a un nuovo modello: quello delle ‘ferie libere’. Nella mail che Microsoft ha inviato ai propri dipendenti statunitensi, riporta Adnkronos, si parla di ‘Discretionary Time Off’, ovvero Tempo libero discrezionale. Insomma, forse è troppo presto per decretare la fine delle ferie d’agosto, ma sicuramente un nuovo modello sta emergendo.

L’AI e il lavoro del futuro tra “apocalittici e integrati”

L’AI e il lavoro del futuro tra “apocalittici e integrati”

Tra ‘apocalittici e integrati’ i lavoratori si dividono sull’innovazione e l’introduzione nel mondo delle aziende dell’Intelligenza artificiale. Curiosità e ansia, paura e al tempo stesso entusiasmo, confermati da Stranger Skills, la ricerca realizzata da PHD Italia, l’agenzia media, comunicazione e marketing di Omnicom Media Group Emerge. Se per il 30% degli intervistati l’AI rappresenta la principale tecnologia che verrà implementata all’interno delle imprese, secondo l’ultimo rapporto del World Economic Forum nel 2027 la diffusione dei sistemi di AI permetterà la creazione di 69 milioni di nuovi posti di lavoro, ma ne eliminerà 83 milioni. Macchine e robot umanoidi arriveranno a svolgere il 43% delle mansioni rispetto al 34% delle attuali. 

Il tecno entusiasmo va di pari passo con la paura di essere tagliati fuori

“Il tecno entusiasmo – afferma Lorenzo Moltrasio, Managing Director PHD Italia – va di pari passo con l’ombra lunga di un’ansia diffusa per la paura di essere tagliati fuori dalla prossima grande rivoluzione tecnologica. In questo l’azienda ha un ruolo sempre più strategico, abbracciando l’esigenza della formazione continua per sfidare il presente e costruire il futuro”.
Lo studio evidenzia come il 72% dei lavoratori ritiene che sia proprio l’azienda a dover prevedere l’aggiornamento professionale. L’Intelligenza artificiale, infatti, se da un lato comporterà la scomparsa di alcuni posti di lavoro, dall’altro favorirà la nascita di nuove professionalità. Come ad esempio nel marketing, dove molte aziende stanno cercando esperti che possano utilizzare l’AI per migliorare le strategie pubblicitarie.

Figure professionali inedite

Quello dell’AI è un mercato ‘caldo’, che vedrà la nascita di inedite figure professionali, come i Conversational AI Developer, che utilizzano la tecnologia per creare annunci pubblicitari interattivi, dove gli utenti possono interrompere il flusso dell’annuncio e parlare direttamente con i personaggi dello spot. Una nuova modalità di advertising, che punta ad aumentare l’interesse degli utenti e migliorare la probabilità di acquisto del prodotto o servizio pubblicizzato.
Altra figura professionale inedita sarà il Decision Science.
Si tratta di scienziati dei dati che addestrano algoritmi di apprendimento automatico per prendere decisioni di marketing. Algoritmi che vengono addestrati per prendere 50.000 decisioni di offerta al secondo, per scegliere l’asset pubblicitario perfetto da mostrare.

La creatività umana resterà centrale

Ma quali saranno le skill più richieste in un mercato che vedrà la progressiva automazione di buona parte delle mansioni? La ricerca conferma il ruolo fondamentale dell’aspetto umano: in particolare, la creatività, che rappresenterà un’esigenza fondamentale per una persona su tre. 
“La forte domanda di creatività potrebbe trovare proprio risposta nell’adozione dell’AI, permettendo una crescita delle opportunità di sganciarsi dall’operatività per dedicarsi ad attività di pensiero”, aggiunge Moltrasio.
Il mondo del lavoro richiede con sempre maggiore frequenza capacità di pensare in maniera analitica e creativa, curiosità, apprendimento costante, empatia, ascolto attivo, capacità di leadership e di influenza a livello sociale. Un insieme di elementi che concorrono a indicare quali saranno le nuove geografie del lavoro e della società nell’era dell’AI.

Burnout, a rischio 3 lavoratori su 10 

Burnout, a rischio 3 lavoratori su 10 

Troppo lavoro e poco spazio per se stessi e per la famiglia. L’ombra del burnout si estende su 3 lavoratori su 10, che riferiscono di provare malessere psicofisico associato al lavoro. Ma c’è di più: oltre un quarto dei lavoratori afferma di sentirsi insicuro e di avvertire scarsità di diritti e invece un senso di precarietà. Sono tutti dati emersi dal Rapporto Italia 2023 recentemente presentato da Eurispes. Insieme a queste informazioni, dal rapporto emerge inoltre che un terzo ha svolto un secondo lavoro nell’ultimo anno e uno su cinque ha lavorato senza contratto. La disparità di trattamento tra uomini e donne nel mondo del lavoro è una realtà per il 26,8% degli italiani.

Carichi eccessivi e poco tempo per se stessi: i principali disagi causati dal lavoro

Carichi di lavoro troppo pesanti (44,3%) e mancanza di tempo per sé stessi (39,2%) sono i disagi più diffusi tra i lavoratori. Seguono: rapporti conflittuali con i superiori (34,9%), difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia (34,3%), problemi negli spostamenti casa-lavoro (33,6%), mancanza di stimoli professionali (31,2%); circa il 30% lamenta rapporti conflittuali con i colleghi o malessere psicofisico associato al lavoro. Il 27,4% soffre di insicurezza sul posto di lavoro, il 26,2% ritiene che i propri diritti siano scarsamente tutelati e circa il 26% è preoccupato per la precarietà del contratto; quasi un quarto (23,6%) sperimenta irregolarità nei pagamenti.

Un lavoro, anzi due 

Nell’ultimo anno, alcuni hanno svolto un secondo lavoro (32,9%), hanno lavorato senza contratto (20,1%), hanno svolto un lavoro meno qualificato rispetto alle proprie competenze (23,6%) o hanno lavorato di notte (15%). Il 35,6% ha lavorato da casa. Tra coloro che hanno lasciato il lavoro o hanno pensato di farlo, emerge che ciò è avvenuto a causa di mancati pagamenti (24,4%), vittimizzazione da parte di bullismo sul luogo di lavoro (26,7%), mancanza di un contratto (21,2%), o aver subito molestie sessuali (12,6%).

L’inclusione non è garantita 

L’indagine condotta dall’Eurispes si è focalizzata anche su categorie di lavoratori il cui livello di inclusione non è sempre adeguatamente garantito: donne, persone con orientamento non eterosessuale, stranieri. Riguardo alle pari opportunità di genere, il 26,8% del campione ha riscontrato una diversità di trattamento nel mondo del lavoro tra uomini e donne in termini di occasioni di carriera, il 24,3% in termini di rispetto personale e il 24% in termini di riconoscimento economico. Nel 15,4% dei casi si è avuta esperienza diretta o indiretta di discriminazione legata all’orientamento sessuale delle persone; nel 13,9% dei casi, la discriminazione è stata riscontrata in relazione all’origine straniera.

Sicurezza informatica, servono gli esperti: le aziende cercano fornitori esterni

Sicurezza informatica, servono gli esperti: le aziende cercano fornitori esterni

Il rapporto annuale di Kaspersky sulla sicurezza informatica (IT Security Economics) ha rivelato che la crescente complessità delle soluzioni di cybersecurity ha spinto le aziende a affidare alcune funzioni a fornitori esterni. Questi consulenti esterni hanno competenze specifiche e possono gestire le tecnologie in modo più efficiente rispetto ai dipendenti dell’azienda. Tuttavia, una soluzione di cybersecurity complessa non garantisce la migliore protezione senza la gestione di uno specialista competente. Purtroppo, la ricerca di esperti in sicurezza è complicata a livello globale, con una carenza di competenze segnalata da (ISC)² nel suo studio del 2022 quantificabile in un gap di 3,4 milioni di lavoratori nel mercato professionale.

Le imprese si affidano a Managed Service Provider

Questa situazione ha spinto le aziende a rivolgersi a Managed Service Provider (MSP) o Managed Security Service Provider (MSSP) per assicurarsi le competenze necessarie e avere team sempre preparati e formati. Secondo la ricerca internazionale di Kaspersky condotta tra i decisori nel settore IT, il 54% delle PMI e delle aziende ha indicato l’efficienza offerta dagli specialisti esterni come il motivo principale per trasferire alcune responsabilità di sicurezza IT a MSP/MSSP.
Le altre ragioni più frequentemente citate sono la necessità di conoscenze specialistiche, la complessità dei processi aziendali, la carenza di personale IT e i requisiti di conformità.

Quanti fornitori?

Per quanto riguarda la cooperazione con MSP/MSSP, quasi il 64% delle grandi aziende ha dichiarato di lavorare solitamente con due o tre fornitori, mentre il 10% delle PMI e delle corporation si affida a più di quattro fornitori di sicurezza informatica all’anno. Gli specialisti esterni possono gestire l’intero processo di cybersecurity in un’azienda o occuparsi di attività specifiche. Questo dipende dalla dimensione dell’organizzazione, dalla sua maturità e dal desiderio della dirigenza di essere coinvolta nelle attività di sicurezza informatica. Ad esempio, per le piccole e medie imprese può essere ragionevole non assumere uno specialista a tempo pieno e trasferire alcune funzioni a MSP o MSSP per ottenere vantaggi in termini di costi ed efficienza. Nelle grandi società, gli specialisti esterni sono solitamente un supporto aggiuntivo per affrontare lavori particolarmente complessi per i team interni di cybersecurity. “In ogni caso, è importante comprendere che l’azienda dovrebbe avere una conoscenza di base delle informazioni di sicurezza, così da essere in grado di valutare correttamente il lavoro dei collaboratori esterni”, ha dichiarato Konstantin Sapronov, Head of Global Emergency Response Team di Kaspersky.

Cosa vogliono i lavoratori nel 2023? Stipendi più alti, riconoscimenti e benessere

Cosa vogliono i lavoratori nel 2023? Stipendi più alti, riconoscimenti e benessere

PageGroup, società di recruiting che opera in Italia con i brand Page Executive, Michael Page e Page Personnel, ha chiesto a oltre 1.000 professionisti italiani cosa sarà veramente importante a livello lavorativo nel 2023. E per la maggior parte dei lavoratori, crescita di stipendio, più riconoscimenti, maggior equilibrio tra lavoro e vita privata, meno stress e più benessere potranno fare davvero la differenza.
“I risultati della nostra indagine – precisa Tomaso Mainini, Senior Managing director Italia & Turchia di PageGroup – dimostrano che a livello generale c’è un sentimento di fiducia nel futuro professionale: il 67%, infatti, è pronto ad approcciare il nuovo anno con spirito positivo, il 24% con sentimenti contrastanti e solo il 10% con negatività”.

Work-life balance, flessibilità negli orari, comunicazione trasparente

“Se passiamo ad analizzare i desideri di carriera per il 2023, i candidati non hanno dubbi – prosegue Tomaso Mainini -. Il 57% vorrebbe uno stipendio più alto, il 54% darebbe priorità a un migliore work-life balance, il 31% gradirebbe maggiore sicurezza, e infine, il 30% desidererebbe sentirsi più valorizzato e apprezzato”.
La flessibilità negli orari di lavoro, riferisce Adnkronos, rimane l’aspetto più importante (44%), ma anche maggiori opportunità di crescita professionale sono determinanti nella scelta di un’azienda (33%). Seguono, poi, progetti più sfidanti (30%), benefit aziendali e programmi wellbeing (28%), e trasparenza e comunicazioni chiare (27%).

Lavorare di più se migliorano le condizioni o settimana di quattro giorni?

A fronte di condizioni di lavoro migliori, il 39% dei professionisti intervistati sarebbe disposto a lavorare anche più ore alla settimana, mentre il 63% si dichiara favorevole alla settimana lavorativa di quattro giorni, a parità di stipendio. Alcuni (19%), però, sono perplessi di fronte alla possibilità di lavorare un giorno in meno, perché sarebbero necessari troppi cambiamenti a livello organizzativo. Più possibilista, invece, il 26% degli intervistati, per i quali lavorare solo quattro giorni sarebbe fattibile a patto che vengano migliorati alcuni processi aziendali.

Le priorità di chi è alla ricerca di una nuova occupazione

“Avere un quadro chiaro del proprio futuro professionale e delle opportunità di carriera è molto importante, soprattutto per chi è alla ricerca di nuove occasioni – aggiunge Tomaso Mainini -. Il 35% di chi è stato coinvolto nell’indagine, infatti, vorrebbe maggiori informazioni sullo stipendio che potrebbe aspettarsi, mentre il 31% gradirebbe un supporto per individuare un ruolo adatto alle proprie caratteristiche, e il 24% per trovare un nuovo lavoro nel minor tempo possibile”.

Grandi Dimissioni: anche gli sviluppatori italiani vogliono cambiare lavoro

Grandi Dimissioni: anche gli sviluppatori italiani vogliono cambiare lavoro

Secondo i dati del Ministero del Lavoro nel 2021 sono più di 2 milioni le dimissioni dal lavoro presentate in Italia da lavoratori dipendenti con contratti a tempo determinato e indeterminato. E un settore che non esula dal fenomeno delle Grandi Dimissioni è quello della tecnologia. A confermarlo sono i professionisti di un ecosistema simbolo del mondo tecnologico: gli sviluppatori di software. Tre developer su 4 sarebbero infatti intenzionati a cambiare il proprio posto di lavoro se dovessero emergere nuove opportunità. Il 31,7% dei developer con un regolare contratto di lavoro sarebbe alla ricerca attiva di un posto più in linea con le proprie aspettative, mentre il 42,7% si dice aperto a ogni opportunità che possa portare un miglioramento alla propria vita professionale. 

Un fenomeno che interessa soprattutto i developer GenZ

Da quanto emerge dalla ricerca The State of Software Development in Italy condotta da BitBoss, il 60,9% degli sviluppatori dipendenti della GenerazioneZ dichiara di essere intenzionato a rivedere la propria attuale vita professionale, reinventandosi come freelance, imprenditore o semplicemente cambiando azienda. Solo il 6,5% non ha intenzione di spostarsi dall’attuale luogo di lavoro nel prossimo futuro.
“I dati che abbiamo raccolto non mostrano insoddisfazione da parte degli sviluppatori riguardo al proprio posto di lavoro – afferma Davide Leoncino, co-founder e responsabile marketing di BitBoss -. Al contrario, quasi 8 sviluppatori su 10 si dicono sostanzialmente soddisfatti della propria situazione professionale, tuttavia esiste una forte inclinazione a cercare sempre nuove opportunità”.

Le ragioni che spingono a dare una svolta alla carriera

Quali sono le condizioni che potrebbero spingere gli sviluppatori a dare una svolta alla propria carriera? Il 76,7% degli sviluppatori dipendenti sarebbe disposto a cambiare posto di lavoro se venisse offerto uno stipendio più alto, mentre per il 45% un avanzamento di carriera rappresenterebbe un fattore fondamentale nella scelta. Il 78,4% degli sviluppatori inoltre afferma di valutare molto più positivamente l’offerta di un nuovo lavoro nel caso in cui l’azienda offra la possibilità di lavorare da remoto, anche in forma ibrida. Assumerebbe un ruolo importante anche la qualità del team di lavoro. Per 4 sviluppatori su 10 lavorare con un team non adeguato basterebbe per cercare nuove opportunità lavorative.

Flessibilità e libertà, ma anche formazione e innovazione

Quanto al mondo degli sviluppatori freelance, il 79,6% non è disposto a sacrificare la propria libertà in favore di un contratto di lavoro in azienda a tempo indeterminato. La flessibilità di luogo e orario di lavoro è un valore fondamentale per il 76,7% dei developer freelance, mentre la libertà di poter scegliere in autonomia i propri clienti e progetti è imprescindibile per 1 sviluppatore su 2. Inoltre, la capacità di rimanere al passo con le nuove tecnologie e innovazioni è un tema fondamentale per poter analizzare la predisposizione dei professionisti del codice a cambiare la propria vita professionale. Tanto che il 95,9% degli sviluppatori ritiene di avere tutte le competenze necessarie per riadattarsi e riuscire a trovare una nuova occupazione in breve tempo, anche mettendo in conto un periodo di formazione o aggiornamento.

Lavoro: i profili IT ricevono almeno 2 offerte a settimana

Lavoro: i profili IT ricevono almeno 2 offerte a settimana

I profili con competenze nell’Information Technology sono sempre più richiesti dalle aziende. Il perimetro dell’occupazione per i profili IT si sta decisamente allargando, e se un professionista IT su tre è già pronto a cambiare lavoro nei prossimi 6 mesi, il 21% riceve almeno due offerte di lavoro a settimana. Secondo lo studio commissionato da Codemotion a InTribe, e presentato durante l’evento HRmeetsDev, tra le motivazioni per cambiare posto di lavoro il 32% dei lavoratori del settore cita la formazione continua (41%), seguita da progetti interessanti (38%), e l’allineamento con la vision aziendale (33%).

L’allineamento tra richiesta e offerta si riduce al crescere della competenza

I più propensi a cambiare lavoro sono i DevOps, le figure professionali che aiutano un’organizzazione a sviluppare in modo più rapido ed efficiente prodotti e servizi software, mentre i Data Scientist sono i lavoratori che ricevono più offerte. Molto meno rilevante, secondo la ricerca, è la Ral, ovvero la retribuzione annua lorda, indicata dal 23% degli IT. Oltre una azienda su 2 offre infatti mediamente meno di 40 mila euro annui, una cifra per la quale solo il 36% è disposto a cambiare lavoro. L’allineamento tra richiesta e offerta, inoltre, si riduce al crescere della competenza degli IT. Dallo studio emerge anche che il 53% dei lavoratori del settore riceve diverse offerte al mese: il 32% fino a 10 e il 21% almeno due a settimana, di cui il 6% almeno una al giorno. I settori più desiderati? Trasporti, gaming, IT e servizi informativi.

Competere sulla Ral non basta

“L’indagine evidenzia come la maggioranza dei professionisti IT sia soddisfatta del proprio lavoro, ma emerge anche una fetta consistente che sta già cercando nuove opportunità o lo farà a breve – ha commentato Chiara Russo, ceo e co-founder di Codemotion -. Per attrarre questi talenti un primo passo è allineare l’offerta economica alle richieste dei candidati, ma competere sulla Ral non basta: è fondamentale sapersi raccontare, costruire un’identità aziendale tech e un ambiente di lavoro che offra a sviluppatori e profili IT ciò che realmente cercano, cioè progetti stimolanti, possibilità di formazione continua e crescita professionale, e valori aziendali in cui riconoscersi”.

Un incontro fra le Risorse Umane e i talenti tech 

HRmeetsDev (HMD) è l’evento che rivoluziona il modo in cui le Risorse Umane si interfacciano con i talenti tech. L’evento promuove infatti l’incontro tra Risorse Umane e professionisti IT. La comunicazione degli HR e delle aziende, riferisce Adnkronos, risulta spesso inefficiente e distante dalle necessità degli sviluppatori. Per questo, in meno di un anno, oltre 600 aziende hanno partecipato a questi eventi e stanno cambiando il loro approccio ad attraction, recruiting e retention delle figure tech.

Compliance e cybersecurity: sono queste le sfide dei top manager?

Compliance e cybersecurity: sono queste le sfide dei top manager?

Sicurezza informatica e compliance oggi sono le sfide principali dei Chief Technology Officer, i top manager che all’interno delle aziende seguono le dinamiche relative allo sviluppo tecnico, informatico e digitale. La maggioranza dei CTO provenienti da Stati Uniti (63%), Brasile (61%) e India (71%) hanno citato infatti la sicurezza informatica come una delle principali sfide che devono affrontare all’interno delle aziende. E i CTO di Usa (64%) e Regno Unito (67%) segnalano anche la compliance, la conformità ai regolamenti e alle norme, e la compatibilità dell’infrastruttura aziendale e dell’esperienza utente. Si tratta di alcuni risultati emersi dalla ricerca presentata da Lenovo e realizzata su scala globale su 500 Chief Technology Officer.

Verso una nuova architettura IT

Lo studio ha indagato le opinioni dei CTO riguardo all’IT tradizionale, e come continuerà a evolversi verso una ‘nuova architettura’. Dispositivi client, l’edge computing, il cloud computing, la rete e l’Intelligenza Artificiale in futuro lavoreranno insieme per affrontare le sfide del digitale, e fornire soluzioni che promuovano un’ulteriore digitalizzazione globale in tutti i settori. 
Dallo studio è emerso anche come il passaggio all’ambiente di lavoro ibrido stia aumentando l’importanza degli elementi dell’architettura IT. I CTO mostrano di avere una prospettiva positiva sull’architettura tecnologica della loro organizzazione, con il 43% che la definisce ‘migliorata’, il 39% la considera ‘facile da usare’, e solo il 6% la definisce ‘carente’.

Ottimismo per il futuro del cloud ibrido

Gli elementi che stanno assumendo importanza crescente nell’ambiente IT aziendale includono dispositivi intelligenti (76%), Smart IoT (70%) e Scenario-Based Solutions (76%).
Guardando al futuro, i CTO hanno notato l’importanza del cloud, del software e dell’informatica come componenti chiave per il futuro di un ambiente di lavoro ibrido, con l’84% che esprime ottimismo per il futuro del cloud ibrido, riporta AGI.
“Questi risultati della ricerca sono incredibilmente preziosi poiché l’industria ICT continua a innovare e costruire nuove capacità tecnologiche per il futuro – ha spiegato Yong Rui, CTO di Lenovo -. Questa ricerca fornisce inoltre informazioni approfondite sulle priorità e sulle aspettative dei CTO globali”.

Innovazione non è solo digitalizzazione e smartificazione

“La tecnologia – ha dichiarato Yuanqing Yang, Presidente e CEO di Lenovo – sta trasformando il nostro futuro spazio di lavoro e spazio abitativo in una combinazione di mondi virtuali e fisici, resi possibili dalla potenza della nuova infrastruttura IT che è diffusa, prevista e on demand”.
Per Yang, “il potere dell’innovazione non è solo la digitalizzazione e la smartificazione di tutti i settori, ma anche la soluzione alle più grandi sfide dell’umanità. A tal fine, Lenovo ha raddoppiato l’investimento in ricerca e sviluppo, affinché la tecnologia intelligente possa contribuire in modo efficace a un mondo in rapida evoluzione”.