Stereotipi di genere, li vivono anche i giovanissimi

Stereotipi di genere, li vivono anche i giovanissimi

Nel contesto domestico, lavorativo e nel tempo libero, sia donne sia uomini sono ancora vincolati dalle limitazioni imposte da una cultura permeata dagli stereotipi di genere. Questi preconcetti influenzano le decisioni personali e familiari, e hanno una valenza significativa soprattutto tra le nuove generazioni. Questa è la conclusione emersa dalla seconda edizione dell’Osservatorio “Genere e Stereotipi”, promosso da Henkel Italia in collaborazione con Eumetra.

Una ricerca che coinvolge anche la GenZ

La ricerca, condotta su un campione di 2.000 individui tra i 18 e i 55 anni, appartenenti alla community online di DonnaD, Amica Fidata, ha mostrato un’analisi aggiornata rispetto al 2022. Inoltre, ha incluso un’indagine più approfondita sul modo in cui gli stereotipi di genere influenzano le scelte riguardanti l’istruzione, il lavoro, lo sport e il tempo libero, coinvolgendo 1.000 partecipanti reclutati tramite Online Access Panel, con 100 casi rappresentativi della GenZ (15-25 anni).

Dalla scuola al lavoro, percezioni diverse tra maschi e femmine

Secondo l’Osservatorio, il 73% delle donne ritiene che esistano scuole superiori e facoltà universitarie più adatte rispettivamente ai maschi e alle femmine, confrontato con il 73% degli uomini e il 63% dei giovani. Sul fronte lavorativo, il 56% delle donne percepisce una retribuzione più bassa rispetto ai colleghi maschi, mentre solo il 38% ritiene di ricevere uno stipendio equo. Le donne trovano ostacoli significativi nella conciliazione tra vita familiare e lavorativa, con il 33% che ha dovuto sacrificare la carriera per la famiglia.

La cura della casa? Ancora appannaggio delle donne

La ricerca evidenzia anche che le donne continuano a svolgere la maggior parte delle attività domestiche e la cura della famiglia, mentre gli uomini mantengono un ruolo predominante nelle decisioni finanziarie ed economiche. Questa disparità è spesso determinata dal contributo maggiore degli uomini al reddito familiare.

Le nuove generazioni più educate alla parità

Tuttavia, l’80% della GenZ ritiene che la gestione delle responsabilità familiari debba essere equamente condivisa. Gli stereotipi di genere influenzano anche le scelte educative dei figli, con una percentuale significativa di padri e madri che subiscono tale influenza, sebbene ci sia una crescente consapevolezza sull’importanza di educare i figli senza rigide distinzioni di genere.

Differenze anche nello sport

Per quanto riguarda lo sport e il tempo libero, le percezioni differiscono notevolmente tra uomini e donne su discipline considerate “maschili” o “femminili”. Questi risultati sottolineano la persistenza di stereotipi di genere radicati nella società.

Classifica delle migliori città d’Europa: Milano e Roma nella top ten

Classifica delle migliori città d’Europa: Milano e Roma nella top ten

Con il report “Europe’s Best Cities” la società di consulenza internazionale Resonance ha reso nota la graduatoria delle migliori città europee, passando al vaglio 180 luoghi attraverso una lente statistica che intreccia i dati di Tripadvisor, Google, Facebook e Instagram.

Si tratta di un elenco che comprende città stupende, note a tutti per la loro storica capacità attrattiva e per essere da sempre poli di transito di milioni di turisti ogni anno. Il podio è occupato da Londra, Parigi e Berlino, rispettivamente al primo, secondo e terzo posto, mentre il quarto posto è conquistato da Roma, la Capitale italiana. A chiudere la top ten è Milano, ma nella classifica sono entrate anche altre italiane: Napoli, che occupa il 26° posto, Firenze al 38°, Venezia al 57°, e poi Torino (88°) e Bologna (99°).

Vivibilità, amabilità, prosperità i tre criteri di valutazione

I tre criteri principali di valutazione dell’Europe’s Best Cities sono tre, vivibilità, amabilità, prosperità.
La prima, la vivibilità, valuta la qualità percepita degli ambienti naturali e urbanistici, la presenza di spazi verdi, piste ciclabili, monumenti. Questa categoria considera anche la matrice socioeconomica, cioè l’accessibilità degli affitti, il reddito familiare disponibile dei residenti e i fattori che attraggono talenti e aziende.

La seconda categoria valuta il livello di ‘vivacità’ e attrazioni (cultura, concerti, spettacoli, eventi) vita notturna, ristorazione, pub ecc.), mentre la terza, la prosperity, nasce a partire dal capitale umano (livello d’istruzione, partecipazione al lavoro, Pil pro capite). È il criterio che maggiormente tiene conto di una stima concreta della desiderabilità dello stile di vita.

Poco spazio alla sostenibilità

Nell’Europe’s Best Cities un piccolo spazio è stato dato anche al tema della sostenibilità.
Ad esempio, Madrid che occupa il 5° posto, è considerata la città dove l’investimento sulla sostenibilità ha visto progetti di rinascita importanti, mentre Copenaghen (28°) ha dimostrato un impegno nella sostenibilità già da diverso tempo, e Stoccarda ha più della metà della sua area dedicata allo spazio verde e pannelli solari che generano elettricità green.

Sono altre le classifiche redatte nel corso degli ultimi anni rispetto alle città più sostenibili. Ma una città che si possa reputare tale a 360 gradi merita davvero posti in alto in una classifica di Migliori città europee? Evidentemente no.

La sostenibilità non è ancora considerata un criterio di attrazione

I criteri con i quali si possono valutare le diverse città sono molteplici. Ma questi dati dimostrano che c’è ancora molta strada da fare per considerare la sostenibilità come un criterio di attrazione, e che spesso si prediligono città con un impegno minore nei confronti dell’inclusione e dell’ambiente. Ma che continuano a essere al centro di poli turistici internazionali,. Proprio come Roma e Milano.

Qual è impatto dell’inflazione sui redditi degli italiani?

Qual è impatto dell’inflazione sui redditi degli italiani?

Non è certo una sorpresa il fatto che l’inflazione abbia portato pesanti ripercussioni sui budget famigliari degli italiani. Ma a quanto ammonta il prezzo che i nostri connazionali hanno dovuto pagare? A questa domanda risponde la ricerca delle Acli intitolata “Povere famiglie. L’impatto dell’inflazione sui redditi degli italiani”. Lo studio, condotto dall’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie in collaborazione con il Caf Acli e l’Iref, rivela che le famiglie stanno perdendo in media 240 euro al mese.

L’Osservatorio, nato nel giugno del 2022, ha l’obiettivo di raccogliere dati periodici sulle famiglie per comprendere i loro bisogni e presentare proposte concrete al governo riguardo alle politiche familiari, economiche e sociali. L’ultima indagine, la terza, si basa su un panel di oltre 600.000 dichiarazioni dei redditi, anonime, seguite dal Caf Acli negli ultimi quattro anni.

Persi complessivamente 1,9 miliardi di euro di potere d’acquisto

Nel 2022, il 79% delle famiglie inserite nel panel ha perso potere d’acquisto a causa dell’inflazione. SI tratta di una perdita equivalente a 1,9 miliardi di euro in termini di reddito equivalente familiare. La perdita media di reddito familiare mensile è stata di 240 euro nel periodo 2019-2022. La ricerca sottolinea le disparità nel calo di disponibilità a seconda della tipologia familiare. Le famiglie bireddito senza carichi hanno subito una perdita media di 317 euro al mese, mentre le famiglie monoreddito con carichi e i vedovi con carichi hanno perso 150 euro al mese.

Persi da quattro a otto carrelli della spesa a famiglia

La perdita di potere d’acquisto viene espressa anche in termini di carrelli di spesa persi per beni primari alimentari. Ad esempio, le famiglie bireddito senza carichi hanno perso circa 8 carrelli annuali, pari a 700 euro. I separati/divorziati senza carichi ne hanno persi sei, così come i single e i componenti delle unioni di fatto. Le famiglie monoreddito e i vedovi hanno subito una perdita di quattro carrelli della spesa. L’inflazione ha anche contribuito ad aumentare il numero di famiglie entrate in povertà relativa. Tra il 2020 e il 2023, la percentuale di famiglie in questa condizione è passata dal 7,6% al 9,8%.

Le donne e gli anziani i più colpiti

L’analisi per genere evidenzia che le donne sono le più colpite, rappresentando il 58,1% delle famiglie sotto la soglia di povertà relativa. Nei quattro anni di dichiarazioni dei redditi prese in esame, le famiglie con dichiaranti donne hanno perso in media 2.767 euro, mentre gli uomini hanno subito una perdita di 2.518 euro. Allo stesso modo, “soffrono” anche le famiglie di anziani soli, costituendo l’11% del panel in povertà relativa. La perdita di reddito per questo gruppo è stata di circa 2.800 euro su un reddito familiare medio equivalente di 20.000 euro.

Le ripercussioni sui mutui

Infine, l’inflazione ha influito pesantemente anche sugli interessi sui mutui, con un aumento medio di circa 340 euro all’anno. Il 98% degli italiani che ha stipulato mutui dal 2020 in poi ha subito un aumento medio degli interessi di oltre 1.060 euro tra il 2020 e il 2022.

I soldi fanno la felicità? Forse no!

I soldi fanno la felicità? Forse no!

Certo, non avere problemi economici aiuta a vivere sereni e permette una certa dose di libertà. Ma i soldi fanno davvero la felicità? Pare di no, almeno stando a un recentissimo studio. La ricerca, ripresa da AGI, ha infatti scoperto che molte popolazioni indigene manifestano, pur senza portafoglio, gli stessi livelli di soddisfazione delle persone che vivono in paesi dai redditi elevati. Come è possibile? 

Ci sono casi in cui il denaro conta poco

La strada verso la felicità, quindi, potrebbe non essere lastricata di monete d’oro. A dare questo verdetto è uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, condotto dagli scienziati dell’Istituto di Scienze e Tecnologie Ambientali dell’Universitat Auto’noma de Barcelona (ICTA-UAB) e della McGill University in Canada. Il team, guidato da Eric Galbraith e Victoria Reyes-Garcia, ha esaminato i livelli di soddisfazione della vita somministrando un sondaggio a 2.966 persone provenienti da comunità indigene e locali in 19 siti distribuiti a livello globale.

Dalle risposte raccolte, si è così scoperto che la corrispondenza fra felicità e crescita economica non è stretta come si credeva. In sintesi, l’aumento del Pil non è collegato al benessere delle persone. Questa scoperta rivoluziona drasticamente il pensiero comune.

Quando a rispondere sono le società “marginali”

Non c’è quindi un punto di vista univoco e corretto, rilevano gli scienziati. Probabilmente il “nodo della questione” è alla base. Infatti, la stragrande maggioranza dei sondaggi globali raccoglie risposte dai cittadini di realtà industrializzate, tendendo a trascurare le società marginali, dove lo scambio e il possesso di denaro gioca un ruolo minimo nella vita quotidiana e i mezzi di sussistenza dipendono principalmente dalla natura.

Nell’ambito del campione, solo il 64% delle famiglie intervistate aveva una qualche disponibilità economica. Nonostante questo, i livelli di soddisfazione della vita erano molto simili a quelli riscontrati nei paesi ad alto reddito. La morale? I soldi non fanno la felicità.

Contenti come… gli scandinavi

“Il punteggio medio in queste realtà era di 6,8 su 10 – riporta Reyes-Garcia – ma ci sono stati anche picchi superiori a 8 punti, paragonabili a quelli dei paesi scandinavi. I risultati sono coerenti con l’idea che l’uomo possa condurre una vita appagante anche senza una ingente ricchezza materiale. La forte correlazione tra reddito e soddisfazione di vita non è pertanto universale”.

Meno tempo online e sui social: i “buoni propositi digitali” degli italiani

Meno tempo online e sui social: i “buoni propositi digitali” degli italiani

La salute oggi? Legata a doppio filo con la tecnologia. Ne sono consapevoli i nostri connazionali, che hanno deciso di iniziare il 2024 con una serie di “buoni propositi digitali”. D’altronde la tecnologia è sempre più protagonista nella nostra vita quotidiana, tanto che c’è bisogno di “fare ordine” e concentrarsi su alcune priorità. Secondo una ricerca condotta da Kaspersky, più della metà degli italiani ha deciso di modificare le proprie abitudini digitali per il 2024. Il dato evidenzia una crescente consapevolezza dell’importanza di proteggere la privacy online in un’epoca in cui passiamo sempre più tempo sulla rete.

Comportamenti più responsabili sul web

I “buoni propositi digitali”, in parole semplici, sono l’impegno a cambiare le abitudini online, con lo scopo di adottare comportamenti più sicuri e responsabili sul web. In Italia, il 58% della popolazione sta inserendo un buon proposito digitale tra gli obiettivi per il nuovo anno, evidenziando un aumento significativo rispetto al 43% registrato nel 2023.

I principali “buoni propositi digitali” per il 2024 includono la pratica del “digital detox,” con il 20% degli intervistati che si impegna a ridurre il tempo trascorso davanti allo schermo come parte della propria routine. Altri obiettivi importanti sono l’adozione di password più sicure (15%), l’utilizzo di Internet per incrementare i profitti personali (10%), la maggiore attenzione nell’aprire link (10%), e il rifiuto di addormentarsi con lo smartphone (9%).

Differenze a livello internazionale

A livello internazionale, l’Italia (58%) e la Spagna (60%) sono in testa alla diffusione dei buoni propositi digitali, seguite dai Paesi Bassi (43%), Germania (42%), Regno Unito (39%) e Francia (35%). La suddivisione di genere mostra che gli uomini (64%) in Italia sono più propensi rispetto alle donne (51%) a impegnarsi in questi propositi, così come i più giovani (72% della GenZ) rispetto ai più anziani (49% dei Baby Boomer).

Privacy e sicurezza in primo piano

Per quanto riguarda la privacy digitale e le abitudini online nel 2024, oltre al miglioramento delle password, le persone si concentrano sulla gestione delle e-mail, l’esecuzione di backup più frequenti e la modifica delle impostazioni dei cookie. In Italia, il 22% degli intervistati si impegna ad utilizzare password più sicure, il 14% a gestire meglio la posta elettronica, mentre il 13% ha l’intenzione di effettuare scansioni antivirus più regolari e backup più frequenti.

Coltivare i rapporti reali invece che virtuali

Il 2024 sarà caratterizzato anche da un impegno a incontrare le persone di persona (13%), riducendo l’uso eccessivo dello smartphone in famiglia, e a essere più attenti alla presenza sui social media (11%). La mindfulness assume un ruolo rilevante, con il 10% degli intervistati che prevede di aumentare l’uso di app per il benessere e il 9% che sceglie di smettere di seguire su social media persone o gruppi che non contribuiscono alla propria felicità.

In arrivo una legge per la trasparenza della IA?  

In arrivo una legge per la trasparenza della IA?  

Che sia in arrivo una nuova norma per regolamentare l’Intelligenza artificiale? Forse sì. Due influenti legislatori statunitensi, Anna Eshoo e Don Beyer, hanno recentemente presentato una proposta di legge rivoluzionaria volta a definire il campo dell’intelligenza artificiale (IA). Intitolata “AI Foundation Model Transparency Act”, questa legge mira a porre obblighi significativi sui creatori di modelli di intelligenza artificiale, in particolare focalizzandosi sulla trasparenza dei dati di addestramento.

Rivelare le fonti dei dati: uno step cruciale

La proposta legislativa, riferisce Adnkronos, si concentra sull’importanza di rendere noti i dettagli delle fonti utilizzate per addestrare i modelli di IA. I legislatori propongono che i creatori debbano non solo divulgarle, ma anche spiegare come tali dati vengano conservati durante l’elaborazione dell’IA.
L’obiettivo principale è indirizzare la Federal Trade Commission (FTC) a collaborare con il National Institute of Standards and Technology (NIST) per stabilire regole chiare in merito alla trasparenza dei dati di addestramento.

Gli obblighi per le aziende sviluppatrici

Le aziende coinvolte nello sviluppo di questi modelli di intelligenza artificiale dovranno rispettare rigorose regole. Oltre a rivelare le fonti di addestramento, dovranno descrivere come i dati vengano conservati durante il processo di inferenza. Dovranno anche illustrare le limitazioni o i rischi del modello e dimostrare l’allineamento con il Framework di Gestione dei Rischi AI del NIST e altri eventuali standard federali.
La fornitura di dettagli sulla potenza computazionale utilizzata per addestrare e gestire il modello sarà altresì obbligatoria.

Focus su criticità e tutela dei diritti d’autore 

Un aspetto distintivo della proposta è l’obbligo per gli sviluppatori di IA di segnalare gli sforzi compiuti per testare i modelli in scenari critici. Questo si rivela cruciale, specialmente per prevenire la diffusione di informazioni inesatte o dannose in ambiti sensibili come medicina, biologia, cybersicurezza, elezioni, polizia, decisioni finanziarie, educazione, impiego, servizi pubblici e la protezione di popolazioni vulnerabili, come i bambini.

I riferimenti giuridici 

La proposta legislativa (che al momento si riferisce alla realtà statunitense) prende spunto da numerosi casi giuridici contro aziende di IA, evidenziando la necessità di trasparenza dei dati di addestramento in relazione ai diritti d’autore. Si menziona ad esempio il caso degli artisti contro Stability AI, Midjourney e Deviant Art, con particolare attenzione al respingimento di gran parte delle accuse a ottobre.
Tuttavia, si sottolinea che è ancora pendente un reclamo di Getty Images contro Stability AI.

Il contesto attuale

La proposta si inserisce in un contesto in cui l’uso pubblico dei modelli di base di intelligenza artificiale ha generato numerosi casi di informazioni inesatte o parziali. La proposta dovrà essere discussa in un comitato prima di eventuali sviluppi, e non è ancora chiaro se ciò avverrà prima dell’inizio delle frenetiche campagne elettorali. La legge di Eshoo e Beyer si affianca all’ordine esecutivo sull’IA dell’amministrazione Biden, che mira a stabilire standard di segnalazione per i modelli di IA.
Va però notato che l’ordine esecutivo non ha forza di legge, mentre l'”AI Foundation Model Transparency Act” trasformerebbe i requisiti di trasparenza in una regola federale vincolante.

Giovani e consumi culturali: social media e Festival le nuove forme di fruizione

Giovani e consumi culturali: social media e Festival le nuove forme di fruizione

Secondo quanto emerge dalla ricerca dal titolo ‘Fruizione culturale: i giovani tra festival e social media’, realizzata da BVA Doxa per Intesa Sanpaolo, i ragazzi e le ragazze appartenenti alla Gen Z considerano l’approccio online alla cultura come uno strumento fondamentale per la crescita personale, l’intrattenimento e la comprensione del mondo.

Nel 2022 la cultura in Italia ha infatti guadagnato maggiore attrattiva grazie alla flessibilità offerta dalle modalità di fruizione da remoto. Ma se il canale online offre un accesso immediato, un linguaggio affine e una cultura più selettiva, il ‘mondo’ offline richiede più impegno, ma offre un’immersione completa, tangibile, e l’opportunità di stabilire relazioni significative.
Di fatto, dai Focus Group dello studio emerge chiaramente una coesistenza di esperienze culturali online e offline.  Le prime, si vivono soprattutto sui social network, le seconde, durante i Festival.

Le connessioni virtuali si trasformano in community durante gli eventi live

Insomma, i giovani e la cultura rappresentano un connubio che si sviluppa tra online e offline, e disegna un panorama con molte opportunità.
Lo studio rileva, ad esempio, come i social media siano diventati l’epicentro della fruizione online, creando connessioni virtuali che si trasformano in autentiche community durante gli eventi live.

Progetti digitali e content creator diventano quindi punti di riferimento fondamentali per i giovani, grazie alla cura dei contenuti, a un approccio imparziale e un linguaggio accessibile.

Nuovi spazi per condividere, crescere e scambiare idee

L’analisi sottolinea, poi, come i giovani stiano cercando un nuovo approccio culturale. In questo scenario, per gli appartenenti alla Gen Z i Festival rappresentano la soluzione ideale, poiché assumono il ruolo di nuovi spazi (che possono essere sia aperti sia chiusi) dedicati alla condivisione, alla crescita e allo scambio.

Negli ultimi 3, 5 anni, più del 35% degli italiani ha partecipato a un Festival, con una predominanza dei più giovani rispetto agli over 40.
Siamo di fronte a un autentico cambiamento nel paradigma culturale, destinato ad abbracciare sempre più le nuove tecnologie per un concetto di quotidianità ancora più connessa.

Il ruolo futuro della cultura come collante sociale

Guardando al futuro, la cultura diventerà sempre più un motore di crescita e un collante sociale, con il Festival destinato a cambiare radicalmente forma. L’ideale sarà un evento itinerante, che coinvolgerà speaker provenienti dal web, presentando brevi interventi in stile ‘Ted Talk’ (‘Ted’ sta per Technology Entertainment Design. Ted Talk è una serie di conferenze), e offrendo laboratori tematici.

Insomma, si sta aprendo un nuovo capitolo, in cui la cultura si evolve con il contributo fondamentale delle nuove generazioni e della loro connessione sinergica tra il mondo online e offline.

Cambiamento climatico: la COP28 Dubai 2023 conferma le paure

Cambiamento climatico: la COP28 Dubai 2023 conferma le paure

Da una ricerca Ipsos condotta in 31 Paesi emergono dati allarmanti. A causa della frequenza e gravità degli eventi meteorologici estremi, il 57% della popolazione mondiale riferisce che la propria area di residenza è stata colpita dal cambiamento climatico.
Il 2023 è stato infatti un anno testimone di eventi climatici estremi senza precedenti: dall’innalzamento delle temperature alle ondate di calore, dalle inondazioni alle siccità.

In un mondo che sta affrontando conseguenze sempre più gravi legate al cambiamento climatico, la COP28 assume un ruolo centrale nel cercare soluzioni e impegni concreti per affrontare la crisi ambientale.
La 28sima Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite si inserisce nell’ambito della convenzione quadro sui cambiamenti climatici, UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change). Quest’anno la COP28 si tiene a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023.

Italia uno dei Paesi più colpiti

Non stupisce che l’Italia, dopo un anno devastante in termini di danni ambientali dovuti a temperature record e alluvioni, sia tra i Paesi che si dichiarano più colpiti, con due persone su tre personalmente impattate dal cambiamento climatico.

Nei prossimi dieci anni il 71% della popolazione globale prevede un impatto significativo, con un allarmante 88% in Corea del Sud. Tra i Paesi più preoccupati troviamo l’Italia, dove quattro persone su cinque non vedono un orizzonte roseo.
Per i prossimi 25 anni la prospettiva di sfollamento coinvolge il 38% della popolazione globale, con punte al 68% in Turchia e 61% in Brasile.

Governi e aziende non informano i cittadini

La carenza di informazioni adeguate sul cambiamento climatico emerge come una preoccupazione diffusa.
Il 59% degli intervisti globali ritiene che i governi non forniscano informazioni sufficienti, mentre il 61% pensa lo stesso per le aziende. In Italia questi dati salgono al 66%, sia per il governo sia per le aziende.

A livello globale, in media solo il 24% crede che i mezzi di informazione rappresentino accuratamente gli impatti del cambiamento climatico, mentre per il 42% sono addirittura sottovalutati.
L’Italia si distacca, anche se di poco, dalla media globale dimostrandosi più critica verso il servizio svolto dai mezzi di informazione. Il 57% pensa che il sistema informativo sottostimi gli effetti del cambiamento climatico.

Come raggiungere gli obiettivi stabiliti a livello internazionale?

La mancanza di informazioni trasparenti ha alimentato la sfiducia pubblica. La COP28 si svolge in un contesto in cui la fiducia nei confronti delle azioni governative e aziendali per affrontare il cambiamento climatico è bassa.
Infatti, passando in rassegna le azioni concrete messe in campo, a livello globale solo il 36% degli intervistati ritiene che il proprio governo stia lavorando duramente per affrontare le conseguenze del climate change.

In 21 dei 31 Paesi esaminati, tra cui l’Italia, più della metà della popolazione ritiene che il proprio governo non faccia abbastanza per combatterlo.
È evidente, quindi, la richiesta per una leadership politica globale più incisiva e impegnata per raggiungere gli obiettivi climatici stabiliti a livello internazionale.

Black Friday, più elettronica e meno giocattoli nei desideri degli italiani

Black Friday, più elettronica e meno giocattoli nei desideri degli italiani

I saldi del Black Friday e Cyber Monday 2023 suscitano sempre un grandissimo interesse da parte degli italiani, come mette in evidenza l’ultimo Osservatorio Inflazione di Ipsos. La ricerca ha rivelato che oltre la metà della popolazione italiana è incline a effettuare acquisti durante il Black Friday, un evento ampiamente conosciuto, poiché il 97% degli italiani ne ha sentito parlare.
Il Black Friday, come è noto, è caratterizzato da vendite promozionali con sconti significativi su una vasta gamma di prodotti, e sempre più aziende aderiscono a questa iniziativa.

I più propensi ad acquistare? I giovani e chi ha figli

La propensione all’acquisto durante il Black Friday 2023 è evidente nel 60% degli italiani, con un aumento significativo tra i giovani e coloro che hanno figli minorenni.
La recente indagine dell’Osservatorio Inflazione ha rivelato che le categorie di prodotti in cui si prevedono maggiori acquisti rispetto al 2022 sono l’elettronica e i prodotti alimentari, mentre i giocattoli escono dalla classifica.

Una tradizione importata dagli Stati Uniti…

Il Black Friday 2023 inizia ufficialmente il 24 novembre, noto come il “Venerdì Nero”. Questo termine, originario dagli Stati Uniti, indica il venerdì successivo al Giorno del Ringraziamento, segnando l’inizio della stagione degli acquisti natalizi con grandi sconti e offerte.
Sebbene storicamente i saldi del Black Friday siano di un solo giorno, negli ultimi anni c’è stata una tendenza a estendere l’evento per tutta la settimana, con offerte che possono protrarsi fino al Cyber Monday, quest’anno il 27 novembre.

… ma radicata anche in Italia

Il Black Friday si è consolidato anche in Italia, riscuotendo notevole successo e entusiasmo tra i consumatori. Dall’indagine dell’Osservatorio Inflazione emerge che il 61% degli italiani ha l’intenzione di effettuare acquisti durante questo periodo, con un lieve calo rispetto all’anno precedente (-4 punti percentuali).
La propensione all’acquisto è particolarmente elevata tra i giovani tra i 18 e i 34 anni (71%) e coloro che hanno figli minorenni (70%).

Elettronica e alimentari i prodotti più gettonati

Le categorie di prodotti più gettonate durante il Black Friday includono abbigliamento, libri, prodotti di elettronica, prodotti alimentari, prodotti per la bellezza, la cura personale e profumi.
Rispetto al 2022, i prodotti di elettronica e i prodotti alimentari entrano nella classifica delle maggiori spese effettuate nel 2023, mentre i giocattoli escono dalla lista.

I cittadini del mondo conoscono l’inglese? 

I cittadini del mondo conoscono l’inglese? 

In questi giorni EF Education First (EF) ha reso pubblica l’edizione 2023 dell’Indice di Conoscenza dell’Inglese (EF EPI), il rapporto internazionale più ampio sulle competenze linguistiche di 2,2 milioni di persone non madrelingua, distribuite in 113 Paesi e regioni di tutto il mondo. I risultati rivelano un preoccupante declino negli ultimi cinque anni tra i giovani e un crescente divario di genere.

Secondo l’autrice dell’EF EPI, Kate Bell, l’indice di quest’anno mostra una falsa sensazione di stabilità globale, poiché la padronanza generale dell’inglese rimane apparentemente invariata. Tuttavia, analizzando i dati nel dettaglio, emergono progressi in alcuni Paesi compensati da declini in altri. Bell sottolinea l’importanza dell’inglese come linguaggio ponte, fondamentale per condividere prospettive e stimolare la comprensione oltre i confini nazionali.

Un parametro condiviso a livello globale

L’EF EPI si basa sull’analisi dei dati degli adulti che hanno sostenuto l’EF Standard English Test (EF SET), un test gratuito utilizzato globalmente da milioni di persone, scuole, aziende e governi. In Italia, il Ministero dell’Istruzione ha scelto questo test per una rilevazione nelle scuole superiori nell’anno scolastico 2023-2024.

I giovani “studiano” meno rispetto a qualche anno fa

Tra i risultati salienti del rapporto EF EPI 2023, il dato più preoccupante è che a conoscenza dell’inglese tra i giovani continua a diminuire. Rispetto al 2015, infatti, questa skill è scesa del 9%, in particolare in nazioni come l’India e l’Indonesia. La pandemia ha accelerato questo declino anche in Paesi come l’Italia. Tuttavia, un segnale positivo c’è: nel mondo del lavoro, in controtendenza con il dato precedente, le persone studiano di più le lingue straniere. La conoscenza dell’inglese è aumentata di 20 punti tra gli adulti sopra i 30 anni nel periodo 2020-2021.

Si amplia il divario di genere

Un ulteriore dato negativo è rappresentato dal fatto che si sta ampliando il divario di genere. Migliora infatti il livello di inglese tra gli uomini (+14 punti), ma diminuisce tra le donne (-19 punti dal 2014). Tuttavia, il divario non è uniforme, con 63 Paesi che raggiungono o si avvicinano alla parità di genere.

l’Italia è al 35° posto nella classifica mondiale

L’Italia si posiziona al 35° posto nella classifica mondiale, parimerito con Spagna e Moldova, superata da Paesi come Georgia, Bielorussia e Ghana. Una curiosità: il Friuli-Venezia Giulia si attesta come la regione italiana con la migliore conoscenza dell’inglese, mentre Padova risulta essere la città con le competenze linguistiche più elevate.