Stereotipi di genere, li vivono anche i giovanissimi

Stereotipi di genere, li vivono anche i giovanissimi

Nel contesto domestico, lavorativo e nel tempo libero, sia donne sia uomini sono ancora vincolati dalle limitazioni imposte da una cultura permeata dagli stereotipi di genere. Questi preconcetti influenzano le decisioni personali e familiari, e hanno una valenza significativa soprattutto tra le nuove generazioni. Questa è la conclusione emersa dalla seconda edizione dell’Osservatorio “Genere e Stereotipi”, promosso da Henkel Italia in collaborazione con Eumetra.

Una ricerca che coinvolge anche la GenZ

La ricerca, condotta su un campione di 2.000 individui tra i 18 e i 55 anni, appartenenti alla community online di DonnaD, Amica Fidata, ha mostrato un’analisi aggiornata rispetto al 2022. Inoltre, ha incluso un’indagine più approfondita sul modo in cui gli stereotipi di genere influenzano le scelte riguardanti l’istruzione, il lavoro, lo sport e il tempo libero, coinvolgendo 1.000 partecipanti reclutati tramite Online Access Panel, con 100 casi rappresentativi della GenZ (15-25 anni).

Dalla scuola al lavoro, percezioni diverse tra maschi e femmine

Secondo l’Osservatorio, il 73% delle donne ritiene che esistano scuole superiori e facoltà universitarie più adatte rispettivamente ai maschi e alle femmine, confrontato con il 73% degli uomini e il 63% dei giovani. Sul fronte lavorativo, il 56% delle donne percepisce una retribuzione più bassa rispetto ai colleghi maschi, mentre solo il 38% ritiene di ricevere uno stipendio equo. Le donne trovano ostacoli significativi nella conciliazione tra vita familiare e lavorativa, con il 33% che ha dovuto sacrificare la carriera per la famiglia.

La cura della casa? Ancora appannaggio delle donne

La ricerca evidenzia anche che le donne continuano a svolgere la maggior parte delle attività domestiche e la cura della famiglia, mentre gli uomini mantengono un ruolo predominante nelle decisioni finanziarie ed economiche. Questa disparità è spesso determinata dal contributo maggiore degli uomini al reddito familiare.

Le nuove generazioni più educate alla parità

Tuttavia, l’80% della GenZ ritiene che la gestione delle responsabilità familiari debba essere equamente condivisa. Gli stereotipi di genere influenzano anche le scelte educative dei figli, con una percentuale significativa di padri e madri che subiscono tale influenza, sebbene ci sia una crescente consapevolezza sull’importanza di educare i figli senza rigide distinzioni di genere.

Differenze anche nello sport

Per quanto riguarda lo sport e il tempo libero, le percezioni differiscono notevolmente tra uomini e donne su discipline considerate “maschili” o “femminili”. Questi risultati sottolineano la persistenza di stereotipi di genere radicati nella società.

Classifica delle migliori città d’Europa: Milano e Roma nella top ten

Classifica delle migliori città d’Europa: Milano e Roma nella top ten

Con il report “Europe’s Best Cities” la società di consulenza internazionale Resonance ha reso nota la graduatoria delle migliori città europee, passando al vaglio 180 luoghi attraverso una lente statistica che intreccia i dati di Tripadvisor, Google, Facebook e Instagram.

Si tratta di un elenco che comprende città stupende, note a tutti per la loro storica capacità attrattiva e per essere da sempre poli di transito di milioni di turisti ogni anno. Il podio è occupato da Londra, Parigi e Berlino, rispettivamente al primo, secondo e terzo posto, mentre il quarto posto è conquistato da Roma, la Capitale italiana. A chiudere la top ten è Milano, ma nella classifica sono entrate anche altre italiane: Napoli, che occupa il 26° posto, Firenze al 38°, Venezia al 57°, e poi Torino (88°) e Bologna (99°).

Vivibilità, amabilità, prosperità i tre criteri di valutazione

I tre criteri principali di valutazione dell’Europe’s Best Cities sono tre, vivibilità, amabilità, prosperità.
La prima, la vivibilità, valuta la qualità percepita degli ambienti naturali e urbanistici, la presenza di spazi verdi, piste ciclabili, monumenti. Questa categoria considera anche la matrice socioeconomica, cioè l’accessibilità degli affitti, il reddito familiare disponibile dei residenti e i fattori che attraggono talenti e aziende.

La seconda categoria valuta il livello di ‘vivacità’ e attrazioni (cultura, concerti, spettacoli, eventi) vita notturna, ristorazione, pub ecc.), mentre la terza, la prosperity, nasce a partire dal capitale umano (livello d’istruzione, partecipazione al lavoro, Pil pro capite). È il criterio che maggiormente tiene conto di una stima concreta della desiderabilità dello stile di vita.

Poco spazio alla sostenibilità

Nell’Europe’s Best Cities un piccolo spazio è stato dato anche al tema della sostenibilità.
Ad esempio, Madrid che occupa il 5° posto, è considerata la città dove l’investimento sulla sostenibilità ha visto progetti di rinascita importanti, mentre Copenaghen (28°) ha dimostrato un impegno nella sostenibilità già da diverso tempo, e Stoccarda ha più della metà della sua area dedicata allo spazio verde e pannelli solari che generano elettricità green.

Sono altre le classifiche redatte nel corso degli ultimi anni rispetto alle città più sostenibili. Ma una città che si possa reputare tale a 360 gradi merita davvero posti in alto in una classifica di Migliori città europee? Evidentemente no.

La sostenibilità non è ancora considerata un criterio di attrazione

I criteri con i quali si possono valutare le diverse città sono molteplici. Ma questi dati dimostrano che c’è ancora molta strada da fare per considerare la sostenibilità come un criterio di attrazione, e che spesso si prediligono città con un impegno minore nei confronti dell’inclusione e dell’ambiente. Ma che continuano a essere al centro di poli turistici internazionali,. Proprio come Roma e Milano.

L’aumento dei prezzi fa “volare” la spesa on line

L’aumento dei prezzi fa “volare” la spesa on line

Secondo i dati ISTAT, nel 2023 i prezzi al consumo sono aumentati del +5,7% rispetto all’anno precedente, con un notevole incremento nel settore alimentare (+9,8%). Questo aumento, unito alla crisi energetica e al rincaro del gas, continua a esercitare pressioni sui consumatori italiani, influenzando le loro abitudini di spesa. In questo contesto, idealo, portale internazionale specializzato nella comparazione dei prezzi, ha esaminato le tendenze di acquisto online in Italia ed Europa.

Il 24% acquista on line almeno una volta a settimana

L’analisi di idealo ha rivelato che l’85% degli utenti digitali effettua almeno un acquisto online al mese, con il 24% che acquista una volta a settimana. Questa tendenza conferma la crescente preferenza per lo shopping online, una pratica consolidata nel periodo post-pandemia. Il 47% dei consumatori si rivolge alla rete per accedere a informazioni dettagliate sui prodotti, così da avere uno shopping più consapevole. Inoltre, il 39% legge le recensioni degli altri acquirenti e il 38% confronta diversi prodotti contemporaneamente.

Il ruolo del prezzo e della qualità

Il 46% dei consumatori utilizza la comparazione prezzi per cercare offerte speciali e sconti, mentre il 37% apprezza gli alert che segnalano riduzioni di prezzo. Inoltre, oltre il 67% degli utenti è disposto ad acquistare da negozi online meno noti se ciò comporta un risparmio economico.

Tendenze d’acquisto in base alla categoria

L’elettronica è la categoria preferita per gli acquisti online, seguita dalla moda e dagli accessori. Inoltre, c’è un crescente interesse per il mercato dell’usato, con un aumento del +4% nell’interesse per i prodotti di seconda mano rispetto all’anno precedente.

Le preferenze d’acquisto online variano a seconda dell’età: i consumatori più anziani preferiscono l’elettronica, mentre i Millennials e la Gen Z sono più interessati alla moda e agli accessori. Sono apprezzati anche i comparatori dei prezzi, che possono far risparmiare sullo stesso prodotto fino al 16%.  

La comparazione prezzi nell’ottimizzazione degli acquisti

Idealo facilita la ricerca del miglior rapporto qualità-prezzo, consentendo agli acquirenti di risparmiare fino al 16% su prodotti come le console di gioco. Grazie alla dinamicità dei prezzi, è possibile prevedere periodi di sconti e offerte vantaggiose.

Competitività degli e-shop italiani

Gli e-shop italiani offrono opportunità di risparmio significative, con oltre il 58% delle offerte più convenienti nel settore sport e outdoor provenienti da negozi online nazionali. In un contesto economico sempre più incerto, la comparazione prezzi si conferma uno strumento utile per effettuare acquisti consapevoli e convenienti.

Formazione permanente, perchè è una priorità anche per le PMI? 

Formazione permanente, perchè è una priorità anche per le PMI? 

L’85% delle aziende considera la formazione aziendale molto importante o addirittura fondamentale. Questo dato evidenzia come l’apprendimento continuo sia considerato una leva strategica per lo sviluppo e la trasformazione delle imprese. Lo afferma un’indagine condotta da Gility, una società EdTech nata come joint venture tra CDP Venture Capital Sgr e BPER Banca, con l’obiettivo di sostenere la competitività delle aziende italiane e favorire la crescita delle competenze abbattendo le barriere all’accesso per una formazione continua e mirata, anche tra le PMI.

Una survey a tappeto

L’analisi di Gility si basa su una survey distribuita a un campione di 200 aziende italiane, affiancata da un’indagine qualitativa con interviste semi-strutturate a 64 professionisti delle Risorse Umane, del Learning & Development e del management aziendale. La ricerca offre una panoramica che coinvolge diverse realtà aziendali e settori industriali, con una significativa presenza di PMI e microimprese (53% del campione, considerando il numero di dipendenti).

Competenze informatiche e soft skills le aree a maggior sviluppo

Dall’indagine emerge che le aree in cui le aziende investono maggiormente in formazione, escludendo quella obbligatoria, riguardano le competenze specifiche per mansione/settore (32%), le competenze digitali e informatiche (27%), le soft skill (20%), le lingue (5%), la sostenibilità ambientale (4%) e altre tematiche (12%). Tuttavia, risulta interessante notare che le tematiche più richieste dai dipendenti non corrispondono sempre alla formazione offerta: il 15% vorrebbe ricevere più formazione sulla sostenibilità e il 50% sulle lingue.

Formazione a distanza o in presenza?

Anche se il Digital Learning, sia sincrono che asincrono, sta guadagnando importanza, il 66% delle aziende torna alla formazione in presenza. Un segnale che l’implementazione pratica di strumenti tecnologici avanzati è ancora agli inizi. Tra i benefici più apprezzati dai dipendenti in merito alla formazione digitale spiccano la flessibilità nell’erogazione (86%), il risparmio di tempo e costi (80%) e la semplicità di accesso (60%).

Le nuove generazioni chiedono flessibilità

Le nuove generazioni mostrano una netta preferenza verso un approccio flessibile alla formazione continua, prediligendo modalità autonome e micro-pillole formative. Tuttavia, manifestano anche il bisogno di applicare concretamente quanto appreso, desiderando metodologie interattive come il role play, la formazione in presenza e il coaching. Le principali aree di formazione su cui si punterà nel 2024 riguardano la comunicazione e la collaborazione, l’intelligenza artificiale e le competenze digitali.

Mutui: primi cali attesi da maggio?

Mutui: primi cali attesi da maggio?

La discesa dei tassi sarà più lenta rispetto a quanto si aspettavano i mercati a inizio anno.
“Chi ha un mutuo a tasso variabile dovrà stringere i denti ancora per un po’- sottolineano gli esperti di Facile.it – o valutare opzioni come la surroga per abbassare le rate”.
Facile.it ha analizzato i futures sugli Euribor, che rappresentano le aspettative di mercato, e ha scoperto che le rate potrebbero iniziare a diminuire tra maggio e giugno. Un calo comunque modesto, compreso tra 14 e 22 euro circa per un mutuo variabile medio.
Facile.it ha preso in esame un mutuo medio variabile (126.000 euro in 25 anni, LTV 70%) sottoscritto a gennaio 2022, la cui rata a febbraio 2024 si è attestata a circa 751 euro rispetto ai 456 euro iniziali.

Previsioni e richieste dei mutuatari

Riguardo ai futures (aggiornati al 28 febbraio 2024) emerge che l’Euribor a 3 mesi dovrebbe scendere a circa il 3% entro la fine dell’anno, arrivando al 2,65% entro giugno 2025.

In questo caso, la rata scenderebbe di 67 euro entro dicembre 2024, per un calo di 100 euro a giugno 2025.
Quanto alla richiesta di mutui destinati all’acquisto della prima casa, chi ha presentato domanda di finanziamento nei primi due mesi del 2024 ha puntato a ottenere, in media, 136.523 euro da restituire in 25 anni.
Stabili l’LTV (il rapporto tra valore del mutuo e dell’immobile) pari al 71%, e il valore medio dell’immobile oggetto di mutuo (circa 187.000 euro).

Tassi e offerte

L’unico dato peggiorato è l’età media di chi presenta domanda di finanziamento, aumentata di quasi un anno e arrivata a poco più di 37 anni e mezzo.
L’aumento è ascrivibile al calo del peso percentuale degli under36 sul totale dei richiedenti, dal 53% del 2023 al 49% del 2024.
Sul fronte dell’offerta, nei primi due mesi dell’anno le condizioni proposte dalle banche sono state nel complesso favorevoli, in particolare per i tassi fissi, con indici in costante calo.

Le migliori offerte per un mutuo standard da 126.000 euro in 25 anni (LTV 70%), partono da un TAN fisso pari al 2,87% e una rata di 589 euro. A gennaio 2024 la rata migliore era pari a 604 euro.

I richiedenti si orientano sul “fisso”

Stabili, invece, i tassi variabili, che restano sensibilmente più costosi, con i migliori TAN che partono dal 4,66%, pari a una rata di 705 euro.
La distanza tra tassi variabili e fissi ha spinto la quasi totalità dei richiedenti, più di 9 su 10, a scegliere questa seconda opzione.

Il calo dei tassi fissi continua a essere un’opportunità per coloro che vogliono provare ad approfittare della surroga, che nei primi due mesi del 2024 ha rappresentato un quarto della domanda totale di mutui (25%). Dato in aumento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando era pari al 17%.

Qual è impatto dell’inflazione sui redditi degli italiani?

Qual è impatto dell’inflazione sui redditi degli italiani?

Non è certo una sorpresa il fatto che l’inflazione abbia portato pesanti ripercussioni sui budget famigliari degli italiani. Ma a quanto ammonta il prezzo che i nostri connazionali hanno dovuto pagare? A questa domanda risponde la ricerca delle Acli intitolata “Povere famiglie. L’impatto dell’inflazione sui redditi degli italiani”. Lo studio, condotto dall’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie in collaborazione con il Caf Acli e l’Iref, rivela che le famiglie stanno perdendo in media 240 euro al mese.

L’Osservatorio, nato nel giugno del 2022, ha l’obiettivo di raccogliere dati periodici sulle famiglie per comprendere i loro bisogni e presentare proposte concrete al governo riguardo alle politiche familiari, economiche e sociali. L’ultima indagine, la terza, si basa su un panel di oltre 600.000 dichiarazioni dei redditi, anonime, seguite dal Caf Acli negli ultimi quattro anni.

Persi complessivamente 1,9 miliardi di euro di potere d’acquisto

Nel 2022, il 79% delle famiglie inserite nel panel ha perso potere d’acquisto a causa dell’inflazione. SI tratta di una perdita equivalente a 1,9 miliardi di euro in termini di reddito equivalente familiare. La perdita media di reddito familiare mensile è stata di 240 euro nel periodo 2019-2022. La ricerca sottolinea le disparità nel calo di disponibilità a seconda della tipologia familiare. Le famiglie bireddito senza carichi hanno subito una perdita media di 317 euro al mese, mentre le famiglie monoreddito con carichi e i vedovi con carichi hanno perso 150 euro al mese.

Persi da quattro a otto carrelli della spesa a famiglia

La perdita di potere d’acquisto viene espressa anche in termini di carrelli di spesa persi per beni primari alimentari. Ad esempio, le famiglie bireddito senza carichi hanno perso circa 8 carrelli annuali, pari a 700 euro. I separati/divorziati senza carichi ne hanno persi sei, così come i single e i componenti delle unioni di fatto. Le famiglie monoreddito e i vedovi hanno subito una perdita di quattro carrelli della spesa. L’inflazione ha anche contribuito ad aumentare il numero di famiglie entrate in povertà relativa. Tra il 2020 e il 2023, la percentuale di famiglie in questa condizione è passata dal 7,6% al 9,8%.

Le donne e gli anziani i più colpiti

L’analisi per genere evidenzia che le donne sono le più colpite, rappresentando il 58,1% delle famiglie sotto la soglia di povertà relativa. Nei quattro anni di dichiarazioni dei redditi prese in esame, le famiglie con dichiaranti donne hanno perso in media 2.767 euro, mentre gli uomini hanno subito una perdita di 2.518 euro. Allo stesso modo, “soffrono” anche le famiglie di anziani soli, costituendo l’11% del panel in povertà relativa. La perdita di reddito per questo gruppo è stata di circa 2.800 euro su un reddito familiare medio equivalente di 20.000 euro.

Le ripercussioni sui mutui

Infine, l’inflazione ha influito pesantemente anche sugli interessi sui mutui, con un aumento medio di circa 340 euro all’anno. Il 98% degli italiani che ha stipulato mutui dal 2020 in poi ha subito un aumento medio degli interessi di oltre 1.060 euro tra il 2020 e il 2022.

Smart home, agli italiani piace: in un anno crescita del 5% 

Smart home, agli italiani piace: in un anno crescita del 5% 

Il mercato della Smart home continua a godere di ottima salute, almeno in Italia. Nel 2023 il fatturato del settore ha infatti raggiunto gli 810 milioni di euro, con un incremento del 5% rispetto all’anno precedente. Questo dato evidenzia un tasso di crescita superiore alla media europea. Nonostante questo primato, però, l’Italia rimane in ritardo rispetto agli altri paesi dell’Ue in termini di spesa pro capite, con soli 13,7 euro a persona contro i 28,8 euro europei.

La mancanza di incentivi governativi pesa sul business

Il fatto che la crescita si sia un po’ fermata va attribuito anche al mancato rinnovo dei bonus governativi, attivi invece negli anni precedenti. In particolare, i dispositivi smart legati al risparmio energetico, come caldaie, pompe di calore, valvole termostatiche e termostati, hanno subito una diminuzione nelle vendite.

Le innovazioni in corso

Il 2023 ha comunque portato significative novità nell’offerta di soluzioni smart per la casa. Un numero crescente di aziende propone servizi innovativi, integrando dati dai dispositivi e utilizzando algoritmi di Intelligenza Artificiale (IA). L’hardware diventa uno strumento per ampliare la base clienti, con un’attenzione crescente alle soluzioni IoT basate sulla IA generativa. I risultati provengono dalla ricerca condotta dall’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano.

Tendenze del mercato: sale la domanda per la sicurezza, cala per gli smart speaker

A guidare il mercato sono le soluzioni per la sicurezza, come videocamere e serrature connesse: complessivamente, totalizzano 195 milioni di euro (24%) e segnano una crescita del 30%. Seguono gli elettrodomestici smart con 151 milioni di euro (19%) e una crescita dell’8%. I sistemi di riscaldamento e climatizzazione smart si posizionano al terzo posto con 148 milioni di euro (18%). Gli smart speaker, al quarto posto, registrano 130 milioni di euro (16%) con una leggera diminuzione del trend di crescita.

Canali di vendita e comportamenti dei consumatori

Tra i canali di vendita, l’eRetailer è l’unico in forte crescita con 310 milioni di euro (38% del mercato, +20%). La filiera tradizionale mostra un andamento più moderato, mentre i retailer multicanale subiscono una riduzione del 10%. I consumatori, il 59% dei quali possiede almeno un oggetto smart, sono soddisfatti degli acquisti, ma solo il 38% ha effettivamente connesso i dispositivi.

Le tecnologie emergenti

Le tecnologie emergenti vedono il rafforzamento degli ecosistemi, con Matter in prima fila. Spiega Antonio Capone, responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things: “Grazie all’ultima versione, l’ecosistema incorpora un’ampia gamma di prodotti, che vanno dagli altoparlanti e termostati intelligenti alle serrature smart, fino ai grandi e piccoli elettrodomestici. Mentre procede l’evoluzione dello standard, però, le applicazioni e le prime esperienze di integrazione da parte delle aziende non sono state prive di difficoltà e c’è ancora molto lavoro da fare su questo aspetto”.

I soldi fanno la felicità? Forse no!

I soldi fanno la felicità? Forse no!

Certo, non avere problemi economici aiuta a vivere sereni e permette una certa dose di libertà. Ma i soldi fanno davvero la felicità? Pare di no, almeno stando a un recentissimo studio. La ricerca, ripresa da AGI, ha infatti scoperto che molte popolazioni indigene manifestano, pur senza portafoglio, gli stessi livelli di soddisfazione delle persone che vivono in paesi dai redditi elevati. Come è possibile? 

Ci sono casi in cui il denaro conta poco

La strada verso la felicità, quindi, potrebbe non essere lastricata di monete d’oro. A dare questo verdetto è uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, condotto dagli scienziati dell’Istituto di Scienze e Tecnologie Ambientali dell’Universitat Auto’noma de Barcelona (ICTA-UAB) e della McGill University in Canada. Il team, guidato da Eric Galbraith e Victoria Reyes-Garcia, ha esaminato i livelli di soddisfazione della vita somministrando un sondaggio a 2.966 persone provenienti da comunità indigene e locali in 19 siti distribuiti a livello globale.

Dalle risposte raccolte, si è così scoperto che la corrispondenza fra felicità e crescita economica non è stretta come si credeva. In sintesi, l’aumento del Pil non è collegato al benessere delle persone. Questa scoperta rivoluziona drasticamente il pensiero comune.

Quando a rispondere sono le società “marginali”

Non c’è quindi un punto di vista univoco e corretto, rilevano gli scienziati. Probabilmente il “nodo della questione” è alla base. Infatti, la stragrande maggioranza dei sondaggi globali raccoglie risposte dai cittadini di realtà industrializzate, tendendo a trascurare le società marginali, dove lo scambio e il possesso di denaro gioca un ruolo minimo nella vita quotidiana e i mezzi di sussistenza dipendono principalmente dalla natura.

Nell’ambito del campione, solo il 64% delle famiglie intervistate aveva una qualche disponibilità economica. Nonostante questo, i livelli di soddisfazione della vita erano molto simili a quelli riscontrati nei paesi ad alto reddito. La morale? I soldi non fanno la felicità.

Contenti come… gli scandinavi

“Il punteggio medio in queste realtà era di 6,8 su 10 – riporta Reyes-Garcia – ma ci sono stati anche picchi superiori a 8 punti, paragonabili a quelli dei paesi scandinavi. I risultati sono coerenti con l’idea che l’uomo possa condurre una vita appagante anche senza una ingente ricchezza materiale. La forte correlazione tra reddito e soddisfazione di vita non è pertanto universale”.

Gli italiani e i nuovi consumi sostenibili 

Gli italiani e i nuovi consumi sostenibili 

In un contesto di incertezza economica e instabilità geopolitica emerge un lieve e diffuso calo nell’attenzione rivolta a questioni di sostenibilità da parte degli italiani, sebbene le nuove generazioni continuino a perseguire le loro abitudini green nel quotidiano.
Secondo la 2° edizione dell’Osservatorio ‘Agos Insights 2023. I nuovi consumi sostenibili’, realizzato da Agos in collaborazione con Eumetra, sulle scelte di acquisto degli italiani torna ad affermarsi l’importanza del fattore economico.

Lo studio analizza lo scenario macroeconomico del 2023, prendendo in considerazione i principali trend che hanno influenzato le scelte di spesa delle famiglie. E secondo i risultati dell’indagine, è la Generazione Z la più attenta alle tematiche legate alla sostenibilità sociale e di governance (+ 5%).

Si cercano prodotti più convenienti, ma anche più “green”

In uno scenario caratterizzato da trend inflazionistici al rialzo che condizionano il potere d’acquisto delle famiglie, nonostante i consumatori si ritrovino spesso a scegliere prodotti più convenienti, indipendentemente dalle caratteristiche green, si evidenzia comunque un miglioramento nell’adozione di comportamenti sostenibili.

Sia in termini di abitudini di acquisto sia riguardo a consuetudini quotidiane che comportano un vantaggio di tipo economico, la sostenibilità degli italiani si esplica soprattutto con riferimento a comparti quali la mobilità (+10% rispetto al 2022), l’uso di energia da fonti rinnovabili (+9 % rispetto al 2022) e la circular economy, con l’acquisto di vestiti usati (+5% rispetto al 2022).

Mobilità: risparmio personale di tempo e denaro condiziona le scelte

In termini di mobilità gli intervistati dimostrano grande consapevolezza rispetto all’impatto dei mezzi a combustione sull’ambiente circostante, seppur risparmio personale in termini di tempo e denaro, mancanza di alternative valide e comodità, siano i principali driver che di fatto influenzano queste scelte.

Tanto che l’automobile privata si conferma il mezzo più utilizzato (63%), seguito dagli spostamenti a piedi (35%) e dall’uso della bicicletta (19%).
Non solo, dalla ricerca emerge anche il desiderio dei partecipanti di essere maggiormente green nelle scelte di sostenibilità, con un conseguente minor potenziale utilizzo dell’automobile (dal 63% al 32%).

Poco informati sulla Direttiva Europea Case Green

Con riferimento al comparto edilizio, la maggioranza degli intervistati si conferma interessata all’efficientamento energetico dei propri edifici (86%), sia per i vantaggi economici derivanti dal risparmio sulle bollette per gli stabili appartenenti a classi energetiche elevate (61%) sia per convinzioni ambientali. Allo stesso tempo, gli italiani mostrano indecisione nell’affrontare le scelte di ristrutturazione per varie ragioni. Tra queste, l’impegno economico e la poca conoscenza delle normative in tema.

Solo il 7% ritiene che la messa a norma dell’edificio possa rappresentare la motivazione per cui migliorarne l’efficienza, e solo un italiano su quattro conosce la recente Direttiva Europea Case Green. 

Meno tempo online e sui social: i “buoni propositi digitali” degli italiani

Meno tempo online e sui social: i “buoni propositi digitali” degli italiani

La salute oggi? Legata a doppio filo con la tecnologia. Ne sono consapevoli i nostri connazionali, che hanno deciso di iniziare il 2024 con una serie di “buoni propositi digitali”. D’altronde la tecnologia è sempre più protagonista nella nostra vita quotidiana, tanto che c’è bisogno di “fare ordine” e concentrarsi su alcune priorità. Secondo una ricerca condotta da Kaspersky, più della metà degli italiani ha deciso di modificare le proprie abitudini digitali per il 2024. Il dato evidenzia una crescente consapevolezza dell’importanza di proteggere la privacy online in un’epoca in cui passiamo sempre più tempo sulla rete.

Comportamenti più responsabili sul web

I “buoni propositi digitali”, in parole semplici, sono l’impegno a cambiare le abitudini online, con lo scopo di adottare comportamenti più sicuri e responsabili sul web. In Italia, il 58% della popolazione sta inserendo un buon proposito digitale tra gli obiettivi per il nuovo anno, evidenziando un aumento significativo rispetto al 43% registrato nel 2023.

I principali “buoni propositi digitali” per il 2024 includono la pratica del “digital detox,” con il 20% degli intervistati che si impegna a ridurre il tempo trascorso davanti allo schermo come parte della propria routine. Altri obiettivi importanti sono l’adozione di password più sicure (15%), l’utilizzo di Internet per incrementare i profitti personali (10%), la maggiore attenzione nell’aprire link (10%), e il rifiuto di addormentarsi con lo smartphone (9%).

Differenze a livello internazionale

A livello internazionale, l’Italia (58%) e la Spagna (60%) sono in testa alla diffusione dei buoni propositi digitali, seguite dai Paesi Bassi (43%), Germania (42%), Regno Unito (39%) e Francia (35%). La suddivisione di genere mostra che gli uomini (64%) in Italia sono più propensi rispetto alle donne (51%) a impegnarsi in questi propositi, così come i più giovani (72% della GenZ) rispetto ai più anziani (49% dei Baby Boomer).

Privacy e sicurezza in primo piano

Per quanto riguarda la privacy digitale e le abitudini online nel 2024, oltre al miglioramento delle password, le persone si concentrano sulla gestione delle e-mail, l’esecuzione di backup più frequenti e la modifica delle impostazioni dei cookie. In Italia, il 22% degli intervistati si impegna ad utilizzare password più sicure, il 14% a gestire meglio la posta elettronica, mentre il 13% ha l’intenzione di effettuare scansioni antivirus più regolari e backup più frequenti.

Coltivare i rapporti reali invece che virtuali

Il 2024 sarà caratterizzato anche da un impegno a incontrare le persone di persona (13%), riducendo l’uso eccessivo dello smartphone in famiglia, e a essere più attenti alla presenza sui social media (11%). La mindfulness assume un ruolo rilevante, con il 10% degli intervistati che prevede di aumentare l’uso di app per il benessere e il 9% che sceglie di smettere di seguire su social media persone o gruppi che non contribuiscono alla propria felicità.