In arrivo una legge per la trasparenza della IA?  

In arrivo una legge per la trasparenza della IA?  

Che sia in arrivo una nuova norma per regolamentare l’Intelligenza artificiale? Forse sì. Due influenti legislatori statunitensi, Anna Eshoo e Don Beyer, hanno recentemente presentato una proposta di legge rivoluzionaria volta a definire il campo dell’intelligenza artificiale (IA). Intitolata “AI Foundation Model Transparency Act”, questa legge mira a porre obblighi significativi sui creatori di modelli di intelligenza artificiale, in particolare focalizzandosi sulla trasparenza dei dati di addestramento.

Rivelare le fonti dei dati: uno step cruciale

La proposta legislativa, riferisce Adnkronos, si concentra sull’importanza di rendere noti i dettagli delle fonti utilizzate per addestrare i modelli di IA. I legislatori propongono che i creatori debbano non solo divulgarle, ma anche spiegare come tali dati vengano conservati durante l’elaborazione dell’IA.
L’obiettivo principale è indirizzare la Federal Trade Commission (FTC) a collaborare con il National Institute of Standards and Technology (NIST) per stabilire regole chiare in merito alla trasparenza dei dati di addestramento.

Gli obblighi per le aziende sviluppatrici

Le aziende coinvolte nello sviluppo di questi modelli di intelligenza artificiale dovranno rispettare rigorose regole. Oltre a rivelare le fonti di addestramento, dovranno descrivere come i dati vengano conservati durante il processo di inferenza. Dovranno anche illustrare le limitazioni o i rischi del modello e dimostrare l’allineamento con il Framework di Gestione dei Rischi AI del NIST e altri eventuali standard federali.
La fornitura di dettagli sulla potenza computazionale utilizzata per addestrare e gestire il modello sarà altresì obbligatoria.

Focus su criticità e tutela dei diritti d’autore 

Un aspetto distintivo della proposta è l’obbligo per gli sviluppatori di IA di segnalare gli sforzi compiuti per testare i modelli in scenari critici. Questo si rivela cruciale, specialmente per prevenire la diffusione di informazioni inesatte o dannose in ambiti sensibili come medicina, biologia, cybersicurezza, elezioni, polizia, decisioni finanziarie, educazione, impiego, servizi pubblici e la protezione di popolazioni vulnerabili, come i bambini.

I riferimenti giuridici 

La proposta legislativa (che al momento si riferisce alla realtà statunitense) prende spunto da numerosi casi giuridici contro aziende di IA, evidenziando la necessità di trasparenza dei dati di addestramento in relazione ai diritti d’autore. Si menziona ad esempio il caso degli artisti contro Stability AI, Midjourney e Deviant Art, con particolare attenzione al respingimento di gran parte delle accuse a ottobre.
Tuttavia, si sottolinea che è ancora pendente un reclamo di Getty Images contro Stability AI.

Il contesto attuale

La proposta si inserisce in un contesto in cui l’uso pubblico dei modelli di base di intelligenza artificiale ha generato numerosi casi di informazioni inesatte o parziali. La proposta dovrà essere discussa in un comitato prima di eventuali sviluppi, e non è ancora chiaro se ciò avverrà prima dell’inizio delle frenetiche campagne elettorali. La legge di Eshoo e Beyer si affianca all’ordine esecutivo sull’IA dell’amministrazione Biden, che mira a stabilire standard di segnalazione per i modelli di IA.
Va però notato che l’ordine esecutivo non ha forza di legge, mentre l'”AI Foundation Model Transparency Act” trasformerebbe i requisiti di trasparenza in una regola federale vincolante.

Giovani e consumi culturali: social media e Festival le nuove forme di fruizione

Giovani e consumi culturali: social media e Festival le nuove forme di fruizione

Secondo quanto emerge dalla ricerca dal titolo ‘Fruizione culturale: i giovani tra festival e social media’, realizzata da BVA Doxa per Intesa Sanpaolo, i ragazzi e le ragazze appartenenti alla Gen Z considerano l’approccio online alla cultura come uno strumento fondamentale per la crescita personale, l’intrattenimento e la comprensione del mondo.

Nel 2022 la cultura in Italia ha infatti guadagnato maggiore attrattiva grazie alla flessibilità offerta dalle modalità di fruizione da remoto. Ma se il canale online offre un accesso immediato, un linguaggio affine e una cultura più selettiva, il ‘mondo’ offline richiede più impegno, ma offre un’immersione completa, tangibile, e l’opportunità di stabilire relazioni significative.
Di fatto, dai Focus Group dello studio emerge chiaramente una coesistenza di esperienze culturali online e offline.  Le prime, si vivono soprattutto sui social network, le seconde, durante i Festival.

Le connessioni virtuali si trasformano in community durante gli eventi live

Insomma, i giovani e la cultura rappresentano un connubio che si sviluppa tra online e offline, e disegna un panorama con molte opportunità.
Lo studio rileva, ad esempio, come i social media siano diventati l’epicentro della fruizione online, creando connessioni virtuali che si trasformano in autentiche community durante gli eventi live.

Progetti digitali e content creator diventano quindi punti di riferimento fondamentali per i giovani, grazie alla cura dei contenuti, a un approccio imparziale e un linguaggio accessibile.

Nuovi spazi per condividere, crescere e scambiare idee

L’analisi sottolinea, poi, come i giovani stiano cercando un nuovo approccio culturale. In questo scenario, per gli appartenenti alla Gen Z i Festival rappresentano la soluzione ideale, poiché assumono il ruolo di nuovi spazi (che possono essere sia aperti sia chiusi) dedicati alla condivisione, alla crescita e allo scambio.

Negli ultimi 3, 5 anni, più del 35% degli italiani ha partecipato a un Festival, con una predominanza dei più giovani rispetto agli over 40.
Siamo di fronte a un autentico cambiamento nel paradigma culturale, destinato ad abbracciare sempre più le nuove tecnologie per un concetto di quotidianità ancora più connessa.

Il ruolo futuro della cultura come collante sociale

Guardando al futuro, la cultura diventerà sempre più un motore di crescita e un collante sociale, con il Festival destinato a cambiare radicalmente forma. L’ideale sarà un evento itinerante, che coinvolgerà speaker provenienti dal web, presentando brevi interventi in stile ‘Ted Talk’ (‘Ted’ sta per Technology Entertainment Design. Ted Talk è una serie di conferenze), e offrendo laboratori tematici.

Insomma, si sta aprendo un nuovo capitolo, in cui la cultura si evolve con il contributo fondamentale delle nuove generazioni e della loro connessione sinergica tra il mondo online e offline.

Come eliminare l’odore di cloro dall’acqua del rubinetto?

L’acqua del rubinetto è un bene prezioso, ma questa a volte può presentare uno sgradevole odore di cloro.

Bisogna premettere che il cloro è comunemente utilizzato per disinfettare l’acqua potabile, e che dunque spesso sono proprio le società che gestiscono l’acqua pubblica ad aggiungerlo ai fini sanitari e di sicurezza.

Ad ogni modo il suo odore può risultare fastidioso per tante persone, le quali tipicamente si chiedono come eliminare questo odore fastidioso e rendere l’acqua del rubinetto più gradevole al  all’olfatto.

Esistono per fortuna diverse soluzioni pratiche che consentono di eliminare l’odore di cloro dall’acqua del rubinetto, e di seguito evidenzieremo le più importanti.

Filtraggio dell’acqua

L’uso di appositi purificatori acqua è uno dei modi più efficaci per eliminare definitivamente l’odore di cloro.

Esistono infatti dei sistemi di filtraggio specifici per il cloro, come quelli al carbone attivo, che sono progettati specificatamente per catturare e assorbire il cloro presente nell’acqua, migliorandone così il gusto e l’odore.

Installare un sistema di filtraggio dell’acqua del rubinetto può far si da ridurre notevolmente la presenza di cloro sin dal primo momento, migliorandone notevolmente l’odore ed il gusto.

Usare una caraffa filtrante

Una tecnica semplice ma efficace è versare l’acqua del rubinetto in una caraffa filtrante e lasciarla riposare per qualche tempo.

Una caraffa di questo tipo è in grado di trattenere il cloro rendendo l’acqua più gradevole al gusto, per questo può essere una opzione da considerare.

È un metodo non invasivo e conveniente per migliorare il gusto e l’odore dell’acqua, sebbene un po’ scomodo in quanto la caraffa va riempita di volta in volta.

Sfruttare la decantazione

La decantazione è un altro metodo che può aiutare a eliminare l’odore di cloro dall’acqua. È sufficiente versare  dell’acqua in un contenitore e lasciala riposare per diverse ore.

Durante questo tempo, il cloro presente nell’acqua andrà pian piano ad evaporare, fino ad eliminarsi del tutto, migliorando così il suo sapore e odore.

Anche in questo caso c’è lo svantaggio della quantità limitata, in quanto sarà necessario far decantare continuamente dell’altra acqua prima di averne dell’altra a disposizione.

Utilizzo di sostanze neutralizzanti

Alcuni rimedi casalinghi prevedono l’aggiunta di sostanze neutralizzanti all’acqua per eliminare l’odore di cloro.

Ad esempio, l’aggiunta di una piccola quantità di vitamina C o succo di limone all’acqua del rubinetto può contribuire a neutralizzare il cloro. Questo metodo può essere utile se preferisci soluzioni naturali.

Ad ogni modo, la sua efficacia è relativa dunque lo consigliamo esclusivamente come soluzione “tampone” in attesa di una soluzione definitiva.

Bollitura dell’acqua

Sebbene non sia un metodo per eliminare completamente il cloro, bollire l’acqua del rubinetto può contribuire a ridurne la presenza.

L’ebollizione dell’acqua per alcuni minuti può far evaporare parte del cloro, migliorando leggermente l’odore e il sapore.

Considera comunque che assieme al cloro, con la bollitura andresti ad eliminare anche altri elementi naturalmente presenti nell’acqua, dunque valuta i pro ed i contro di questa soluzione.

In sintesi

Se l’odore di cloro persiste nonostante i tentativi casalinghi, potrebbe essere opportuno consultare un esperto del settore.

Un tecnico specializzato potrebbe fornire soluzioni personalizzate per migliorare la qualità dell’acqua del rubinetto, anche se di solito la soluzione più efficace e duratura è quella di installare un sistema di filtraggio.

In definitiva, sappiamo tutti che l’odore di cloro nell’acqua del rubinetto può essere fastidioso, ma come vedi esistono diverse soluzioni pratiche per ridurlo o eliminarlo completamente e che possono contribuire a migliorare il gusto e l’odore dell’acqua cui hai accesso dal rubinetto di casa.

Sperimenta diverse soluzioni per trovare quella più adatta alle tue esigenze e, se necessario, non esitare a cercare l’aiuto di un professionista del settore.

Cambiamento climatico: la COP28 Dubai 2023 conferma le paure

Cambiamento climatico: la COP28 Dubai 2023 conferma le paure

Da una ricerca Ipsos condotta in 31 Paesi emergono dati allarmanti. A causa della frequenza e gravità degli eventi meteorologici estremi, il 57% della popolazione mondiale riferisce che la propria area di residenza è stata colpita dal cambiamento climatico.
Il 2023 è stato infatti un anno testimone di eventi climatici estremi senza precedenti: dall’innalzamento delle temperature alle ondate di calore, dalle inondazioni alle siccità.

In un mondo che sta affrontando conseguenze sempre più gravi legate al cambiamento climatico, la COP28 assume un ruolo centrale nel cercare soluzioni e impegni concreti per affrontare la crisi ambientale.
La 28sima Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite si inserisce nell’ambito della convenzione quadro sui cambiamenti climatici, UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change). Quest’anno la COP28 si tiene a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023.

Italia uno dei Paesi più colpiti

Non stupisce che l’Italia, dopo un anno devastante in termini di danni ambientali dovuti a temperature record e alluvioni, sia tra i Paesi che si dichiarano più colpiti, con due persone su tre personalmente impattate dal cambiamento climatico.

Nei prossimi dieci anni il 71% della popolazione globale prevede un impatto significativo, con un allarmante 88% in Corea del Sud. Tra i Paesi più preoccupati troviamo l’Italia, dove quattro persone su cinque non vedono un orizzonte roseo.
Per i prossimi 25 anni la prospettiva di sfollamento coinvolge il 38% della popolazione globale, con punte al 68% in Turchia e 61% in Brasile.

Governi e aziende non informano i cittadini

La carenza di informazioni adeguate sul cambiamento climatico emerge come una preoccupazione diffusa.
Il 59% degli intervisti globali ritiene che i governi non forniscano informazioni sufficienti, mentre il 61% pensa lo stesso per le aziende. In Italia questi dati salgono al 66%, sia per il governo sia per le aziende.

A livello globale, in media solo il 24% crede che i mezzi di informazione rappresentino accuratamente gli impatti del cambiamento climatico, mentre per il 42% sono addirittura sottovalutati.
L’Italia si distacca, anche se di poco, dalla media globale dimostrandosi più critica verso il servizio svolto dai mezzi di informazione. Il 57% pensa che il sistema informativo sottostimi gli effetti del cambiamento climatico.

Come raggiungere gli obiettivi stabiliti a livello internazionale?

La mancanza di informazioni trasparenti ha alimentato la sfiducia pubblica. La COP28 si svolge in un contesto in cui la fiducia nei confronti delle azioni governative e aziendali per affrontare il cambiamento climatico è bassa.
Infatti, passando in rassegna le azioni concrete messe in campo, a livello globale solo il 36% degli intervistati ritiene che il proprio governo stia lavorando duramente per affrontare le conseguenze del climate change.

In 21 dei 31 Paesi esaminati, tra cui l’Italia, più della metà della popolazione ritiene che il proprio governo non faccia abbastanza per combatterlo.
È evidente, quindi, la richiesta per una leadership politica globale più incisiva e impegnata per raggiungere gli obiettivi climatici stabiliti a livello internazionale.

Black Friday, più elettronica e meno giocattoli nei desideri degli italiani

Black Friday, più elettronica e meno giocattoli nei desideri degli italiani

I saldi del Black Friday e Cyber Monday 2023 suscitano sempre un grandissimo interesse da parte degli italiani, come mette in evidenza l’ultimo Osservatorio Inflazione di Ipsos. La ricerca ha rivelato che oltre la metà della popolazione italiana è incline a effettuare acquisti durante il Black Friday, un evento ampiamente conosciuto, poiché il 97% degli italiani ne ha sentito parlare.
Il Black Friday, come è noto, è caratterizzato da vendite promozionali con sconti significativi su una vasta gamma di prodotti, e sempre più aziende aderiscono a questa iniziativa.

I più propensi ad acquistare? I giovani e chi ha figli

La propensione all’acquisto durante il Black Friday 2023 è evidente nel 60% degli italiani, con un aumento significativo tra i giovani e coloro che hanno figli minorenni.
La recente indagine dell’Osservatorio Inflazione ha rivelato che le categorie di prodotti in cui si prevedono maggiori acquisti rispetto al 2022 sono l’elettronica e i prodotti alimentari, mentre i giocattoli escono dalla classifica.

Una tradizione importata dagli Stati Uniti…

Il Black Friday 2023 inizia ufficialmente il 24 novembre, noto come il “Venerdì Nero”. Questo termine, originario dagli Stati Uniti, indica il venerdì successivo al Giorno del Ringraziamento, segnando l’inizio della stagione degli acquisti natalizi con grandi sconti e offerte.
Sebbene storicamente i saldi del Black Friday siano di un solo giorno, negli ultimi anni c’è stata una tendenza a estendere l’evento per tutta la settimana, con offerte che possono protrarsi fino al Cyber Monday, quest’anno il 27 novembre.

… ma radicata anche in Italia

Il Black Friday si è consolidato anche in Italia, riscuotendo notevole successo e entusiasmo tra i consumatori. Dall’indagine dell’Osservatorio Inflazione emerge che il 61% degli italiani ha l’intenzione di effettuare acquisti durante questo periodo, con un lieve calo rispetto all’anno precedente (-4 punti percentuali).
La propensione all’acquisto è particolarmente elevata tra i giovani tra i 18 e i 34 anni (71%) e coloro che hanno figli minorenni (70%).

Elettronica e alimentari i prodotti più gettonati

Le categorie di prodotti più gettonate durante il Black Friday includono abbigliamento, libri, prodotti di elettronica, prodotti alimentari, prodotti per la bellezza, la cura personale e profumi.
Rispetto al 2022, i prodotti di elettronica e i prodotti alimentari entrano nella classifica delle maggiori spese effettuate nel 2023, mentre i giocattoli escono dalla lista.

Quali tipi di impianti fotovoltaici esistono?

L’energia solare è una fonte di energia rinnovabile e pulita che anche in Italia stiamo sfruttando sempre più. Gli impianti fotovoltaici sono proprio la tecnologia che permette di convertire l’energia solare in energia elettrica.

Esistono principalmente tre tipi di impianti fotovoltaici, ciascuno con le proprie caratteristiche e vantaggi, e di seguito andremo a capire quali sono e come funzionano.

Impianti fotovoltaici connessi alla rete (grid-connected)

Gli impianti fotovoltaici connessi alla rete sono i più comuni. Sono collegati alla rete elettrica nazionale e forniscono energia elettrica sia all’abitazione che alla rete.

L’energia prodotta dall’impianto viene consumata in loco, e l’eventuale eccedenza viene immessa in rete. In questo modo, l’utente può compensare i consumi di energia elettrica e risparmiare sui costi della bolletta.

Impianti fotovoltaici stand-alone

Gli impianti fotovoltaici stand-alone sono progettati per funzionare in assenza di rete elettrica, dunque in questo caso c’è il distacco dal servizio nazionale. Sono utilizzati in luoghi isolati, come case in campagna o in montagna, in luoghi in cui la rete elettrica è inaffidabile o laddove si voglia comunque passare interamente al fotovoltaico..

Questi impianti sono ovviamente dotati di un sistema di accumulo dell’energia (delle potenti batterie), che permette di immagazzinare l’energia prodotta durante il giorno e utilizzarla di notte o nei giorni di scarsa luce.

Impianti fotovoltaici con accumulo

Gli impianti fotovoltaici con accumulo sono una combinazione di impianti fotovoltaici stand-alone e impianti fotovoltaici connessi alla rete. Sono dotati di un sistema di accumulo dell’energia, che permette di immagazzinare l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico e utilizzarla in loco o immettere in rete l’eccedenza.

Questi impianti sono una soluzione ideale per gli utenti che vogliono ridurre la propria dipendenza dalla rete elettrica, aumentare la propria autonomia energetica e al tempo stesso ricavare degli utili.

Quanto si può risparmiare con un impianto fotovoltaico?

Il risparmio energetico annuo che si può ottenere con un impianto fotovoltaico dipende da diversi fattori, tra cui:

  • La dimensione dell’impianto: un impianto più grande produrrà più energia e consentirà un risparmio maggiore.
  • Il consumo energetico dell’abitazione: un’abitazione con un consumo energetico elevato otterrà un risparmio maggiore.
  • La posizione dell’impianto: un impianto installato in una zona con molta insolazione produrrà più energia.

In generale, una famiglia di 4 persone con un consumo energetico medio può risparmiare circa il 50% dei costi della bolletta elettrica con un impianto fotovoltaico di circa 3 kW.

Ad esempio, una famiglia di 4 persone con un consumo energetico medio di 3.000 kWh all’anno può risparmiare circa 1.500 euro all’anno con un impianto da 3 kW.

Il risparmio energetico può essere ancora maggiore se si installa un impianto fotovoltaico con accumulo.

Materiali utilizzati negli impianti fotovoltaici

Le celle fotovoltaiche sono realizzate principalmente in silicio, un materiale semiconduttore. Il silicio è il materiale più utilizzato per la produzione di tali celle perché è relativamente economico, abbondante e ha un’elevata efficienza energetica.

Esistono tre tipi principali di celle fotovoltaiche in silicio:

  • Monocristalline: le celle monocristalline sono costituite da un unico cristallo di silicio. Hanno un’efficienza energetica maggiore rispetto alle altre due tipologie e sono più costose.
  • Policristalline: le celle policristalline sono costituite da diversi cristalli di silicio. Hanno un’efficienza energetica inferiore rispetto alle celle monocristalline e di conseguenza costano meno.
  • Amorfe: le celle amorfiche sono costituite da una pellicola sottile di silicio. Hanno un’efficienza energetica inferiore rispetto alle altre due tipologie, ma lavorano bene anche in luoghi con poca luce solare.

Oltre al silicio, gli impianti fotovoltaici possono essere realizzati anche con altri materiali, come il tellurio di cadmio, il rame indio gallio selenio (CIGS) e il silicio organico.

Durata di un impianto fotovoltaico

L’installazione di un impianto fotovoltaico richiede in genere 1-2 giorni. I tempi possono variare a seconda della dimensione dell’impianto e della complessità dell’installazione.

Un impianto fotovoltaico ha una durata media di 25-30 anni. Tuttavia, con una adeguata manutenzione e la pulizia regolare, può durare anche di più.

Conclusione

I tipi di impianti fotovoltaici esistenti sono dunque tre, ed ogni tipo di impianto ha le proprie caratteristiche. La scelta del tipo di impianto più adatto dipende dalle esigenze specifiche dell’utente e dalle condizioni del luogo.

Certamente i vantaggi in termini di riduzione dei costi per l’approvvigionamento energetico rappresentano un motivo più che valido per passare al fotovoltaico, così come la riduzione delle emissioni di gas serra.

Se stai pensando di installare un impianto fotovoltaico a Torino, è importante rivolgersi a un installatore qualificato che possa consigliarti il tipo di impianto più adatto alle tue esigenze tenendo conto dell’esposizione solare nell’area in cui vivi.

I cittadini del mondo conoscono l’inglese? 

I cittadini del mondo conoscono l’inglese? 

In questi giorni EF Education First (EF) ha reso pubblica l’edizione 2023 dell’Indice di Conoscenza dell’Inglese (EF EPI), il rapporto internazionale più ampio sulle competenze linguistiche di 2,2 milioni di persone non madrelingua, distribuite in 113 Paesi e regioni di tutto il mondo. I risultati rivelano un preoccupante declino negli ultimi cinque anni tra i giovani e un crescente divario di genere.

Secondo l’autrice dell’EF EPI, Kate Bell, l’indice di quest’anno mostra una falsa sensazione di stabilità globale, poiché la padronanza generale dell’inglese rimane apparentemente invariata. Tuttavia, analizzando i dati nel dettaglio, emergono progressi in alcuni Paesi compensati da declini in altri. Bell sottolinea l’importanza dell’inglese come linguaggio ponte, fondamentale per condividere prospettive e stimolare la comprensione oltre i confini nazionali.

Un parametro condiviso a livello globale

L’EF EPI si basa sull’analisi dei dati degli adulti che hanno sostenuto l’EF Standard English Test (EF SET), un test gratuito utilizzato globalmente da milioni di persone, scuole, aziende e governi. In Italia, il Ministero dell’Istruzione ha scelto questo test per una rilevazione nelle scuole superiori nell’anno scolastico 2023-2024.

I giovani “studiano” meno rispetto a qualche anno fa

Tra i risultati salienti del rapporto EF EPI 2023, il dato più preoccupante è che a conoscenza dell’inglese tra i giovani continua a diminuire. Rispetto al 2015, infatti, questa skill è scesa del 9%, in particolare in nazioni come l’India e l’Indonesia. La pandemia ha accelerato questo declino anche in Paesi come l’Italia. Tuttavia, un segnale positivo c’è: nel mondo del lavoro, in controtendenza con il dato precedente, le persone studiano di più le lingue straniere. La conoscenza dell’inglese è aumentata di 20 punti tra gli adulti sopra i 30 anni nel periodo 2020-2021.

Si amplia il divario di genere

Un ulteriore dato negativo è rappresentato dal fatto che si sta ampliando il divario di genere. Migliora infatti il livello di inglese tra gli uomini (+14 punti), ma diminuisce tra le donne (-19 punti dal 2014). Tuttavia, il divario non è uniforme, con 63 Paesi che raggiungono o si avvicinano alla parità di genere.

l’Italia è al 35° posto nella classifica mondiale

L’Italia si posiziona al 35° posto nella classifica mondiale, parimerito con Spagna e Moldova, superata da Paesi come Georgia, Bielorussia e Ghana. Una curiosità: il Friuli-Venezia Giulia si attesta come la regione italiana con la migliore conoscenza dell’inglese, mentre Padova risulta essere la città con le competenze linguistiche più elevate.

Manovra economica: molti italiani non ne sanno nulla

Manovra economica: molti italiani non ne sanno nulla

Gli italiani sono informati a proposito della manovra finanziaria che il Governo sta mettendo a punto? 
A quanto emerge dall’indagine commissionata da Facile.it agli istituti mUp Research e Norstat, alla domanda il 73,9% degli intervistati ha risposto in maniera affermativa, con percentuali che salgono fino all’81,4% se si isola il solo campione maschile.
In pratica, 7 intervistati su 10 hanno dichiarato di essere informati sui provvedimenti allo studio dell’esecutivo. Ma a un’analisi più approfondita risulta che più di uno su due ne ha in realtà una conoscenza superficiale. E, addirittura, più di 11 milioni di italiani non ne sanno praticamente nulla.

Uomini e over 45 sono i più informati

Leggendo i numeri si riscontra una maggiore conoscenza della manovra, almeno nelle convinzioni degli intervistati, fra gli italiani con età compresa fra 55 e 74 anni (79,3%), in particolare, quelli con un’età compresa tra 45 e 54 anni (80,7%).
Se invece si suddivide il campione per area geografica, è il Nord (76%) l’area del Paese che dichiara la maggiore conoscenza della manovra.
Osservando l’altra ‘metà del cielo’, le donne che si dichiarano non a conoscenza del provvedimento attualmente al vaglio del governo sono pari al 33,3% (la media nazionale è pari al 26,1%), mentre i giovani con età inferiore ai 34 anni, il 35,7%.
Analizzando le conoscenze dichiarate a livello territoriale, invece, i meno informati sono i residenti al Sud e nelle Isole (28,1%).

Quanto sono effettivamente informati?

Se è vero che tanti italiani si dichiarano informati rispetto alla manovra, analizzando i dati più nel dettaglio emerge che per più di un intervistato su due (54,2%) la conoscenza è in realtà superficiale.
Il 35,8% conosce solo gli aspetti che lo riguardano più da vicino, mentre il 18,4% dichiara di sapere solo che il Governo sta lavorando al provvedimento, ma di non essere al corrente dei dettagli del documento.
Questa percentuale sale al 22,8% fra chi ancora non ha compiuto 35 anni, e al 23,2% nel solo campione femminile.

Tv e web i media più usati per tenersi aggiornati

Ma come si informano gli italiani su questo tema? Alla domanda, il 70,8% dichiara di farlo tramite le trasmissioni televisive (78,5% nella fascia anagrafica 55-74 anni e addirittura 79,4% fra i residenti al Sud e nelle Isole), il 66,5% lo fa tramite il web (75,3% fra i 18-34enni e 77,4% fra i residenti al Nord Ovest), mentre la stampa cartacea è indicata dal 25,9%.
Sono oltre 7,2 milioni gli italiani che utilizzano i social network, canale utilizzato in particolare dalla fascia di età compresa fra 18 e 34 anni (35,8% contro il 23% rilevato a livello nazionale).
Quasi 1 intervistato su 5 (19,4%) si informa attraverso la radio (ma si sale al 22,6% fra gli uomini) mentre il 18,4% lo fa parlando con amici o parenti.

Spesa: consumi in ripresa, ma è “merito” dell’inflazione

Spesa: consumi in ripresa, ma è “merito” dell’inflazione

Considerando la forte accelerazione dell’inflazione registrata nel 2022 secondo l’Istat la spesa per i consumi delle famiglie italiane in termini reali sostanzialmente rimane inalterata. Questo, nonostante sia aumentata in termini di valore. L’incremento non corrisponde quindi a un maggiore livello di spesa per consumi anche in termini reali

E poiché la distribuzione dei consumi è asimmetrica, ed è più concentrata nei livelli medio-bassi della popolazione, la maggioranza delle famiglie spende un importo inferiore al valore medio.
In dettaglio, nel 2022 la spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia è stimata dall’Istat in valori correnti a 2.625 euro, in aumento del +8,7% rispetto ai 2.415 euro del 2021. La variazione dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) nel 2022 era infatti pari a +8,7%.

Le strategie di risparmio delle famiglie

Se si osserva il valore mediano, ovvero il livello di spesa per consumi che divide il numero di famiglie in due parti uguali, il 50% delle famiglie residenti in Italia ha speso nel 2022 una cifra non superiore a 2.197 euro (2.023 euro nel 2021).

Le famiglie hanno posto in essere strategie di risparmio per far fronte al forte aumento dei prezzi che ha caratterizzato il 2022, in parte grazie a quanto accumulato negli anni di crisi dovuta al Covid.
Nel 2020 e nel 2021, infatti, il tasso di risparmio lordo delle famiglie consumatrici è stato, rispettivamente, del 15,6% e del 13,2%, prima di ridiscendere ai livelli pre-Covid attestandosi attorno all’8%.

Commercio al dettaglio: più valore meno volume

In molti casi si è trattato anche di modificare le proprie scelte di acquisto, in particolare nel comparto alimentare. Il 29,5% delle famiglie intervistate nel 2022 dichiara, infatti, di aver provato a limitare, rispetto a un anno prima, la quantità e/o la qualità del cibo acquistato.

Un comportamento che trova conferma anche nei dati Istat sul commercio al dettaglio, che registrano in media, nel 2022, per la vendita di beni alimentari, un aumento tendenziale in valore (+4,6%), soprattutto nei discount, e una diminuzione in volume (-4,3%).

Impennata dei prezzi per i beni alimentari

Più in dettaglio, nel 2022, a fronte del marcato incremento dei prezzi di beni alimentari e bevande analcoliche (+9,3% la variazione su base annua dell’IPCA), le spese delle famiglie per l’acquisto di questi prodotti sono cresciute del 3,3% rispetto all’anno precedente, pari a 482 euro mensili, il 18,4% della spesa totale.

Il 21,5% della spesa alimentare è destinato alla carne, il 15,7% a cereali e a prodotti a base di cereali, il 12,7% a ortaggi, tuberi e legumi, il 12,0% a latte, altri prodotti lattiero-caseari e uova, l’8,5% alla frutta e il 7,9% a pesce e frutti di mare.

Rc auto, aumento a due cifre: come risparmiare?

Rc auto, aumento a due cifre: come risparmiare?

Da settembre 2022 a settembre 2023 il premio medio dell’Rc auto pagato dagli italiani è cresciuto del 27,9%, arrivando a 614,39 euro. Oltre 130 euro in più rispetto a 12 mesi fa.
Emerge dall’analisi dell’Osservatorio di Facile.it su un campione di oltre 11 milioni di preventivi, e relative quotazioni, tra settembre 2022 e 2023.

Insomma, in appena un anno i premi medi delle Rc sono aumentati a doppia cifra, e hanno interessato tutta la penisola. In particolare, la classifica delle regioni che hanno registrato gli incrementi maggiori è guidata dall’Umbria, dove le tariffe sono salite mediamente del 37,9% rispetto all’anno precedente.
Sul podio delle regioni dove l’Rc auto ha subito i rincari maggiori, anche Lazio, che ha segnato un aumento dei premi medi pari al 36%, e Sardegna (+34,4%). 

In Campania l’assicurazione costa il 73% di più

In valori assoluti non stupisce notare come la Campania indossi ancora una volta la maglia nera, dal momento che a settembre 2023 per assicurare un’auto nella regione occorrevano, in media, 1.062,49 euro, il 73% in più rispetto alla media nazionale.
Seppur a distanza, sul podio delle aree più costose seguono Calabria, con un premio medio di 673,07 euro, e Puglia (665,36 euro).

Sul versante opposto si posiziona il Friuli-Venezia Giulia, che anche quest’anno guadagna il primato di regione meno cara sul fronte Rc auto. Il mese scorso occorrevano infatti mediamente 415,92 euro per assicurare il proprio veicolo a quattro ruote.
Seguono Trentino-Alto Adige (443,88 euro), e Lombardia (474,38 euro).

Conviene optare per una compagnia meno cara

Secondo quanto registra invece l’Osservatorio assicurativo di Segugio.it il premio medio Rc auto a settembre 2023 ha raggiunto i 441,2 euro, e rispetto allo stesso mese del 2021 è in aumento su tutto il territorio.

Gli assicurati possono però controbilanciare l’incremento dei costi cambiando compagnia in seguito alla comparazione. Segugio.it ha svolto un’analisi per valutare la riduzione media di prezzo qualora un cliente passi alla compagnia più conveniente partendo da quella attuale, nell’ipotesi prudenziale che quest’ultima sia la seconda in ordine di prezzo.
In questo modo i clienti potrebbero risparmiare in media il 29,2%, con picchi in Molise (40,5%), Calabria (39,3%) e Basilicata (38,3%).

Quali coperture aggiuntive scegliere?

Questo dimostra come la dispersione di prezzo, legata alla forte concorrenza fra compagnie, sia molto ampia e consenta significative opportunità di risparmio per i consumatori.
In ogni caso, tra le garanzie accessorie sottoscritte dagli guidatori italiani emerge come tra coloro che ne hanno inserita una in fase di preventivo, la più scelta sia stata ancora una volta l’assistenza stradale, selezionata dal 43,6% degli automobilisti.

Tra le coperture aggiuntive più richieste, seguono, seppure a grande distanza, la garanzia infortuni conducente (19,2%), la tutela legale (14,8%) e la copertura furto e incendio (10,6%).