I trend futuri per le categorie del largo consumo

I trend futuri per le categorie del largo consumo

Nonostante l’inflazione, i dati del Retail Measurement di NielsenIQ indicano che gli shopper sono ancora disposti a pagare un prezzo elevato per determinate categorie di prodotti. Ma una delle tendenze future evidenziate da NielsenIQ per i beni di largo consumo è l’aumento dei consumi domestici a scapito delle spese fuori casa. Per mitigare l’impatto dell’aumento delle bollette e della spesa alimentare i consumatori infatti spendono meno per intrattenimento e pasti fuori casa. Secondo NielsenIQ le vendite della categoria dei beni di largo consumo riflettono questo trend. Pertanto, nel secondo trimestre del 2022 le vendite di farina, pasta, riso o cibo in scatola sono aumentate del 5,9% a livello globale. 

Impennata dei prodotti per animali domestici

Crescono anche le vendite di prodotti legati alle attività di consumo di contenuti online e giochi: snack e bevande sono tra le categorie in maggiore crescita a livello globale. Nel secondo trimestre 2022 la vendita delle bevande è infatti cresciuta del 5,4% a livello mondiale. Continua poi l’impennata delle vendite di prodotti per gli animali domestici, la categoria a più rapida crescita a livello globale: nel secondo trimestre 2022 le vendite sono cresciute del 9,8% rispetto al 2021. Un’impennata che manda un segnale chiaro a manufacturer e retailer: i proprietari sono disposti a spendere per i loro pet.

Non solo convenienza

Oltre all’attenzione alla convenienza c’è anche quella per la salute: le opzioni alimentari sane e nutrienti sono tra le principali preferenze dei consumatori. Un report su salute e benessere di NielsenIQ evidenzia che il 70% dei consumatori globali è disposto a pagare un prezzo maggiore per prodotti privi di OGM, biologici o naturali.
In Europa le alternative salutari come i prodotti bio/organici o vegani sono un trend in rapida crescita. Più della metà dei consumatori europei (55%) è disposta a pagare un prezzo elevato per i prodotti biologici/bio, e in mercati specifici come l’Italia questo trend è ancora più marcato (70%).
In molte categorie, poi, la crescita a valore delle varianti biologiche supera la performance del segmento non biologico.  Sebbene in Europa occidentale il 3%-5% segua diete completamente vegane o vegetariane, in media circa 3 famiglie europee su 10 hanno ridotto il consumo di carne per motivi di salute. E in un numero sempre maggiore di categorie, i consumatori scelgono opzioni vegetali, come snack surgelati, caramelle e gelati.

Alternative salutari a prezzi accessibili

Come dimostrano i numeri delle vendite, gli shopper sono disposti a spendere per categorie e attributi di prodotto che rispondano a esigenze fondamentali, come la salute e il benessere. I manufacturer e retailer devono considerare che la cautela nei confronti dei prezzi è un ostacolo all’acquisto. Per mantenere i consumatori fedeli ai brand è quindi fondamentale offrire opzioni più economiche, ad esempio, offrendo alternative salutari a prezzi accessibili. Alla luce dei trend di vendita e dei cambiamenti di comportamento dei consumatori, il modo per avere successo è quindi quello di diversificare i portafogli.

Black Friday: lieve calo per il mercato della Tecnologia di consumo 

Black Friday: lieve calo per il mercato della Tecnologia di consumo 

Dopo la forte crescita nel 2021 negli ultimi mesi il settore della Tecnologia di consumo ha iniziato a mostrare trend negativi. Nella settimana del Black Friday 2022 il mercato italiano della Tecnologia di consumo ha registrato vendite per un controvalore pari a 492 milioni di euro, ma rispetto allo scorso anno l’andamento è leggermente negativo, anche se in ripresa rispetto alle settimane precedenti. Le ragioni sono ascrivibili all’effetto saturazione di alcuni settori, risultati in forte crescita nei due anni precedenti, come l’IT e l’Office, ma anche alle difficoltà del contesto economico legate all’inflazione, l’incremento dei costi dell’energia e le crescenti incertezze dei consumatori.

Un trend negativo, ma meno marcato rispetto alle attese

La settimana del Black Friday (dal 21 al 27 novembre 2022) ha fatto quindi registrare un dato in calo, ma meno marcato rispetto alle attese. Le rilevazioni effettuate da GfK sul Panel Weekly per le categorie più importanti del mercato della Tecnologia di consumo, tra cui TV, PC, Smartphone, Tablet, Frigoriferi, Lavatrici, Aspirapolvere, e Stampanti mostrano infatti un calo del -1,3%. 
Rispetto al fatturato della settimana media riferita all’ultimo anno si registra però un incremento del +125%. E confrontando il dato 2022 con il Black Friday 2019 il valore del mercato è aumentato del +2%, evidenziando una buona performance rispetto al periodo pre-pandemico.

Crescono gli Smartphone, in diminuzione PC Portatili e TV 

Per la settimana del Black Friday le vendite tramite internet contribuiscono al 37% del fatturato totale. Cresce infatti soprattutto il canale online (+9%), mentre rallentano i punti vendita tradizionali (-7%). 
I comparti che hanno ottenuto la migliore performance sono stati l’Home Comfort (+14%), Piccolo Elettrodomestico (+12%), Informatica e Office (+4%) e Telefonia (+4%).
Quanto alle tre categorie più importanti in termini di fatturato, crescono gli Smartphone (+4%), mentre PC Portatili (-4%) e TV (-17%) risultano in calo rispetto allo scorso anno. Escludendo queste due ultime categorie dal perimetro dei prodotti il mercato segnerebbe un dato positivo.

Buone performance per Mediatablets, Condizionatori e Forni a Microonde

Rispetto al Black Friday 2021 i prodotti che hanno registrato le crescite più rilevanti sono stati i Mediatablets (+44%). Molto positivi anche i Condizionatori (+34%) e i Forni a Microonde (+26%), le cui vendite sono legate al risparmio sul consumo di gas domestico. Inoltre, rispetto agli ultimi anni è tornato a crescere l’impatto delle attività promozionali nella settimana del Black Friday, arrivando al 41% dei volumi venduti, con un taglio prezzo di almeno il 15%.

Inquinamento da plastica, i cittadini del mondo chiedono regole globali 

Inquinamento da plastica, i cittadini del mondo chiedono regole globali 

Basta plastica, o almeno che sia possibile un utilizzo consapevole e rispettoso dell’ambiente. I cittadini del mondo si dicono favorevoli a iniziative univoche e condivise da tutti i Governi per contrastare questo fenomeno tanto pericoloso per il nostro pianeta. In particolare, e il dato ci fa onore, gli italiani sono fra i popoli che più si dichiarano d’accordo con la creazione di un accordo globale, valido per tutti, capace di contrastare l’inquinamento a favore di un mondo plastic free. A questo proposito Ipsos, in collaborazione con il WWF e Plastic Free Foundation, ha indagato gli atteggiamenti e le opinioni dei cittadini in merito all’intenzione, da parte dei Governi di tutto il mondo, di sviluppare un accordo globale entro la fine del 2024 per porre fine all’inquinamento da plastica. L’indagine nasce dall’impegno dell’Assemblea ambientale delle Nazioni Unite (Unea) a stipulare un trattato vincolante a livello internazionale per combattere l’inquinamento da plastica entro il 2024.

Italiani tra i più sensibili ai temi ambientali

La ricerca è stata condotta in 34 paesi del mondo. Le risposte sono generalmente univoche, dato che il 70% dei cittadini delle nazioni coinvolte nel sondaggio si esprime a favore della creazione di regole globali per i Governi, con l’obiettivo di fermare l’inquinamento da plastica. Si registra un sostegno molto più alto in Perù e Indonesia (entrambi 81%), seguiti da diversi Paesi dell’America Latina e dell’Europa. Ottima la risposta degli italiani, che si posizionano fra i più sensibili ai temi ambientali: il 78% dei nostri connazionali si dichiara favorevole a una simile iniziativa congiunta e condivisa. Al contrario in Giappone (48%) e Stati Uniti (58%) si registrano i livelli più bassi di accordo.

Contrastare l’inquinamento da plastica in 5 mosse

Dai dati emersi dall’indagine di Ipsos si scopre come i consumatori, a livello internazionale, considerino prioritario che il trattato incorpori cinque diverse misure per affrontare l’inquinamento da plastica. E’ particolarmente interessante scoprire quali siano le azioni richieste dagli italiani, che ritengono importante avere regole globali che: richiedano l’etichettatura dei prodotti in plastica in modo che sia chiaro come selezionarli per il riutilizzo, il riciclaggio o lo smaltimento (78%);  vietino tipologie di plastica non facilmente riciclabili (77%); garantiscano che produttori e rivenditori riducano, riutilizzino e riciclino responsabilmente i packaging in plastica (76%); vietino le plastiche monouso non necessarie e richiedano che tutti i nuovi prodotti realizzati in plastica contengano plastica riciclata (entrambe 75%). 

Lusso, nel 2022 crescita prevista +21%

Lusso, nel 2022 crescita prevista +21%

Nonostante le turbolenze economiche, nel 2022 il mercato luxury globale supera con decisione i livelli pre-Covid e cresce del 21% sfiorando quota 1.400 miliardi di euro. Per i beni di lusso personali si stima una crescita del +22% (353 miliardi). Lo scenario si prospetta positivo anche nel 2023, con la marginalità delle imprese del settore prevista in crescita del 6%.
Questi risultati si inquadrano all’interno di un percorso positivo anche nel lungo termine: nel 2030 il valore di mercato dei personal luxury goods dovrebbe salire a circa 540-580 miliardi, con un aumento del 60% o più rispetto al 2022. È quanto emerge dall’Altagamma Consensus 2023 e dall’Altagamma-Bain Worldwide Luxury Market Monitor.

I mercati

Per l’Europa si prevede una crescita del 5%, grazie all’aumento dei viaggi internazionali che compenseranno la più debole domanda interna. Anche per gli Stati Uniti si prevede una crescita del 5%, mentre per America Latina e Giappone del +6%. In Cina, grazie all’effetto rebound, i consumi potrebbero crescere del 9%. La Cina sul lungo periodo resta il più grande mercato del lusso, trainato dalla classe media, dalle nuove generazioni e dallo sviluppo di nuovi poli. Per il Middle East si prevede invece un +7%, con aree come Emirati Arabi e Turchia che non avendo imposto sanzioni si stanno avvantaggiando dei consumi dei russi.

La leadership degli accessori

I consumatori cinesi saranno i best performer nel 2023 (+10%), ma l’effetto rebound dei consumi beneficerà in generale i mercati asiatici (+8%). Meno brillanti i consumi di giapponesi (+5%), e americani (+5%), ed è più cauto lo spending europeo (+4%). Tutte le categorie merceologiche vedranno un aumento delle vendite. Si riconferma la leadership degli accessori, che continuano nel loro trend positivo: +8,5% pelletteria e +7% calzature, mentre abbigliamento (+6%) e cosmesi (+5,5%) confermano il tasso di crescita del 2022. L’hard luxury prosegue il suo trend positivo, in particolare nella gioielleria (+8%), mentre più bassa la crescita degli orologi (+5%). Se per il retail digitale si prevede una crescita del 8% e per i negozi fisici del +7%, il wholesale fisico resta fragile (+3,5%), mentre il wholesale digitale si normalizzerà al +5,5%.

GenY e GenZ sostengono la spesa

L’esito finale di quest’anno dipenderà in gran parte dalla revoca delle restrizioni in Cina legate alla pandemia, dall’evoluzione della fiducia dei consumatori di lusso europei e americani e dalla potenziale recessione nelle economie di Stati Uniti ed Europa. Nonostante le sfide economiche, riporta Askanews, nel 2022 il mercato luxury ha comunque generato una crescita positiva per il 95% dei marchi, con Usa, Europa e Asia (esclusa la Cina) in testa alla crescita. La GenY e la GenZ hanno rappresentato l’intera crescita del mercato nel 2022. Al 2030, la spesa della Gen Z e della Gen Alpha è destinata a crescere circa tre volte più velocemente rispetto alle altre generazioni, fino a costituire un terzo del mercato e in virtù di un’attitudine più precoce di questi consumatori verso il lusso.

Moda: il boom del second hand triplica il mercato

Moda: il boom del second hand triplica il mercato

Il mercato della moda second hand oggi rappresenta dal 3% al 5% del totale del settore abbigliamento, calzature e accessori, e potrebbe crescere fino al 40%. Tanto che si prevede che nel 2023 i capi ‘pre-loved’ costituiranno il 27% degli armadi. In tutto il mondo il valore del mercato dell’usato di moda è compreso tra i 100 e i 120 miliardi di dollari, più del triplo rispetto al 2020. La conferma arriva da una ricerca realizzata da Boston Consulting Group (BCG) e Vestiaire Collective, piattaforma di compravendita di second hand. Il report si basa su due indagini globali condotte nel 2020 su 6.000 consumatori, e su 2.000 consumatori nel 2022, per comprendere meglio il loro approccio al mercato della rivendita.

La Generazione Z è la più propensa ad acquistare e vendere capi usati

Il boom del second hand è reso possibile soprattutto grazie ai consumatori della Generazione Z, i più propensi ad acquistare (31%) e vendere (44%) articoli di seconda mano, seguiti dai Millennial.
“BCG ha analizzato nel dettaglio il mercato globale della rivendita fin dai suoi albori – ha dichiarato Sarah Willersdorf, Responsabile Globale del settore lusso presso BCG e coautrice del rapporto -. È ormai certo che i consumatori hanno abbracciato la seconda mano e stanno cambiando il modo con cui acquistano e vendono i loro vestiti. Per i marchi, entrare in questo mercato costituisce un’enorme opportunità per attrarre clienti nuovi e già esistenti, motivati da sostenibilità, convenienza ed esclusività”.

La sostenibilità traina gli acquisti

La sostenibilità è la forza trainante e sempre più importante per gli acquirenti di articoli di seconda mano. Sebbene l’economicità sia stata citata da oltre la metà degli intervistati dalla ricerca come la motivazione principale per l’acquisto di articoli di seconda mano, questa tendenza risulta in calo. Mentre la varietà del catalogo è stata indicata come il secondo principale fattore che spinge al consumo di articoli di seconda mano.

Un’ampia scelta di pezzi unici

Il 40% degli acquirenti considera infatti l’usato come un modo per consumare moda in modo sostenibile, e altrettanti consumatori scelgono il mercato della seconda mano per l’ampia scelta e i pezzi unici che offre. Anche il ‘brivido della caccia al tesoro’ e l’opportunità di negoziare con i venditori sono fattori sempre più popolari per l’acquisto di abbigliamento di seconda mano, con il 35% degli intervistati che li ha indicati come forze trainanti.

Settembre nero per il clima di fiducia di consumatori e imprese

Settembre nero per il clima di fiducia di consumatori e imprese

Settembre si apre sotto il segno del pessimismo: lo evidenzia l’ultimo report dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) che ha misurato il clima di fiducia da parte dei consumatori e delle imprese. Lo scenario che ne emerge non è dei più incoraggianti: si registra infatti un drastico calo nei parametri. 

Per i consumatori ribasso di oltre 3 punti

“L’indice di fiducia dei consumatori, dopo il rimbalzo di agosto, diminuisce nuovamente posizionandosi sullo stesso livello dello scorso luglio. Si rileva un deciso peggioramento soprattutto delle opinioni sulla situazione economica generale e delle aspettative sulla disoccupazione” commenta l’Istat. Nel dettaglio, il sentiment di fiducia dei consumatori è passato da 98,3 a 94,8. Le stime dell’Istituto di Statistica parlano di un peggioramento di tutte le variabili ad eccezione dei giudizi sulla situazione economica familiare e delle opinioni relative al risparmio. Coerentemente, anche i quattro indicatori calcolati mensilmente a partire dalle stesse componenti presentano un’evoluzione negativa: il clima economico e futuro registrano i cali più accentuati passando, rispettivamente, da 92,9 a 81,3 e da 96,4 a 91,8; il clima personale e quello corrente si riducono moderatamente (rispettivamente da 100,2 a 99,3 e da 99,7 a 96,9).

Fiducia giù per quasi tutti  comparti imprenditoriali

Non va meglio sul fronte del clima di fiducia delle imprese, passato da 109,2 a 105,2. “A settembre l’indice di fiducia delle imprese diminuisce per il terzo mese consecutivo raggiungendo il valore più basso da aprile 2021. L’andamento dell’indice complessivo è determinato dall’evoluzione negativa della fiducia nella manifattura, nei servizi (in entrambi i comparti l’indice è in calo per il terzo mese consecutivo e raggiunge un minimo, rispettivamente, da febbraio 2021 e da gennaio 2022) e nel commercio al dettaglio” è il commento dell’Istat. 
Nelle imprese, la fiducia è in peggioramento in tutti i comparti indagati ad eccezione delle costruzioni dove l’indice sale da 155,8 a 159,5. Più in dettaglio, nel settore manifatturiero e nel commercio al dettaglio l’indice cala, rispettivamente, da 104,0 a 101,3 e da 113,4 a 110,6; nei servizi di mercato la diminuzione è più spiccata con l’indice che si riduce da 103,0 a 95,9. Quanto alle componenti degli indici di fiducia, nelle costruzioni tutte le variabili sono in miglioramento. Invece, nella manifattura peggiorano sia i giudizi sugli ordini sia le aspettative sul livello della produzione; le scorte sono giudicate in lieve decumulo. In relazione ai servizi di mercato, tutte le componenti registrano una dinamica negativa mentre nel commercio al dettaglio peggiorano i giudizi e le attese sulle vendite e le scorte sono giudicate in diminuzione.

Bonus ristrutturazione casa 2022: tutte le novità

Bonus ristrutturazione casa 2022: tutte le novità

Il Bonus ristrutturazione, ricorda laleggepertutti.it, è stato introdotto per la prima volta dall’articolo 16-bis del DPR 917 del 1986. Nel 2013 è stato potenziato con il Decreto Legge n. 63, e con la legge di Bilancio 2022 è stato esteso fino al 31 dicembre 2024. Dal 2022, con la finalità di contrastare possibili frodi, sono stati modificati i nuovi adempimenti relativi alla cessione del credito e alla possibilità di accedere all’incentivo. Il Bonus ristrutturazione consiste in una detrazione del 50% sull’Irpef fino a un massimo di 96.000 euro di spesa, per interventi di ristrutturazione edilizia e manutenzione, straordinaria o ordinaria. La detrazione verrà ripartita in 10 quote annuali di eguale importo. Può essere richiesto da tutti gli italiani che sono soggetti al pagamento di imposte sui redditi, siano proprietari o titolari dei diritti sugli immobili da ristrutturare.

Chi ne può usufruire?

Possono accedere all’incentivo e hanno il diritto alla detrazione il proprietario, il titolare di un diritto reale sull’immobile soggetto ai lavori (uso, abitazione o superficie), l’inquilino, i soci di cooperative (divise e non), i soci di specifiche società semplici, e gli imprenditori individuali. Può usufruirne (a patto che sostenga in modo regolare tutte le spese e sia l’intestatario di bonifici e fatture) anche un familiare convivente con il possessore dell’immobile oggetto dell’intervento di ristrutturazione: coniuge, componente dell’unione civile e tutti i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado, o il coniuge separato ma assegnatario dell’immobile.

I lavori ammessi

I lavori sugli immobili residenziali per i quali è assicurata la detrazione riguardano tutti gli interventi relativi alla manutenzione straordinaria, al restauro e alla ristrutturazione edilizia effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria (anche rurali) o sulle parti comuni degli edifici (i condomini), gli interventi necessari per la ricostruzione di un immobile danneggiato in seguito a eventi calamitosi (a condizione che sia stato dichiarato lo stato di emergenza), i lavori finalizzati alla costruzione di autorimesse o posti auto (anche di proprietà comune), quelli effettuati per la realizzazione di ogni strumento e attrezzo idoneo a consentire lo spostamento in luoghi interni o esterni di persone portatrici di handicap, e quelli compiuti per prevenire il rischio di possibili atti illeciti (furto, aggressione, sequestro di persona eccetera).

Incentivi per interventi antisismici

Il Bonus ristrutturazione, riporta Adnkronos, consente anche agevolazioni per tutte le spese relative a interventi antisismici su tutti gli edifici residenziali che si trovino nelle zone considerate ad alta pericolosità sismica (zona 1 e zona 2). La detrazione, del 50%, spetta a tutti coloro che hanno effettuato lavori nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2017 e il 31 dicembre 2021.
Con la Legge di Bilancio 2022 il Bonus è stato prorogato fino al 31 dicembre 2022. Tale agevolazione è da calcolare su un importo complessivo di 96.000 euro per unità immobiliare per ciascun anno. 

Quattro americani su 10 dicono no alle news: sono “troppo deprimenti” 

Quattro americani su 10 dicono no alle news: sono “troppo deprimenti” 

Il 42% dei cittadini americani, in pratica, 4 su 10, e in prevalenza donne, evitano spesso di leggere le news considerate ‘troppo deprimenti’, soprattutto quelle relative alla pandemia, all’invasione russa dell’Ucraina e al crescente costo della vita. Secondo una recente ricerca di Reuters Institute si tratta della percentuale più alta al mondo, che segnala però una tendenza generalizzata, aumentata dal 29% al 38% in 5 anni, ed evidente soprattutto nei Paesi col più alto tasso di trambusto politico, come appunto gli Stati Uniti, il Brasile e la Gran Bretagna. Una tendenza che rappresenta una vera e propria epidemia, in particolare tra gli under 35, che peraltro si informano sempre di più su TikTok e altre piattaforme social, perché ‘lì’ le notizie abbassano il morale (36%).

Cala anche il livello di fiducia sulla validità delle notizie 

Anche il livello di fiducia nelle news, e nei media che le producono, continua a calare: solo il 42% ci crede gran parte delle volte. Una percentuale che negli Usa è scesa al record mondiale del 26%, con una decina di punti persi sotto il costante attacco alla stampa della presidenza Trump. Il fenomeno ha spinto esperti e intellettuali a indagare i motivi di questa fuga dal crescente e incessante bombardamento delle notizie. Tra loro Amanda Ripley, una nota giornalista (Time, The Atlantic) e scrittrice americana (autrice del bestseller The Smartest Kids in the World) che ha cominciato a formare giornalisti per coprire diversamente i conflitti polarizzanti, in partnership con il Solutions Journalism Network.

Leggerle fa male

La reporter, che ha raccontato recentemente la sua esperienza sul Washington Post, confessa di aver staccato la spina dalle news per anni dopo essere andata da un terapista, scoprendo che anche alcuni colleghi (in maggioranza donne) facevano altrettanto.
“Se molti di noi si sentono intossicati dai nostri prodotti, potrebbe esserci qualcosa di sbagliato in essi?”, si è chiesta, trovando conferma nella ricerca di Reuters Institute, secondo cui le news sono scoraggianti, ripetitive, di dubbia credibilità e lasciano il lettore con una sensazione di impotenza.
Ma, a suo avviso, per spiegare la crescente disaffezione dalle notizie non basta la scarsa fiducia nei media o il loro modello di business basato sul presunto appeal della negatività.

Difficile metabolizzare una valanga perpetua di cattive notizie

Di fatto la stampa ignora la capacità di metabolizzare una valanga perpetua di cattive notizie. “Non penso che siamo equipaggiati, psicologicamente o mentalmente a ricevere notizie e immagini catastrofiche e disorientanti 24/7”, spiega Krista Tippett, premiata da Barack Obama con la medaglia per gli studi umanistici. Intervistando altri esperti, tra medici, scienziati e psicologi, Ripley è arrivata alla conclusione che ai media mancano tre ingredienti: la speranza (la cui assenza genera depressione, ansia, malattie), l’azione e la dignità. I reporter, riporta Ansa, dovrebbero quindi trovare un modo per far intravedere la speranza dietro la paura, per convertire la rabbia in possibili soluzioni, per accostarsi a tutti con rispetto.

iPhone e Android: gli utenti passano almeno 4 ore al giorno sulle app

iPhone e Android: gli utenti passano almeno 4 ore al giorno sulle app

Lo rivela un nuovo report firmato dalla società di analisi Data.ai (ex App Annie): nel secondo trimestre 2022 gli utenti degli smartphone o tablet.iOS e Android trascorrono in media più di quattro ore al giorno sulle app. La quantità di tempo trascorso davanti allo schermo dei device smart però non è diminuita così sensibilmente rispetto al 2020, e il dato sorprende se si considera che allora i cittadini di tutto il mondo erano bloccati in casa per il lockdown, quindi, con molto più tempo libero a disposizione. Sembra che la pandemia, del resto, abbia in qualche modo modificato le abitudini dei consumatori. Chi ha iniziato a usare di più le app durante l’isolamento ha mantenuto infatti le sue abitudini nonostante il ritorno alla ‘normalità’. 

Singapore e Indonesia: +40% di tempo trascorso sulle app

Il report di Data.ai prende in considerazione 13 mercati internazionali, ovvero Indonesia, Singapore, Brasile, Messico, Australia, India, Giappone, Corea del Sud, Canada, Russia, Turchia, Stati Uniti e Regno Unito. Secondo il report, ad esempio, nel 2020 la media per utente di utilizzo di app a Singapore era di 4,1 ore, mentre ora è salita a 5,7, e l’Australia è passata da 3,6 ore a 4,9. In entrambi i paesi la crescita è risultata del 40%. Un trend che d’altronde si riflette in molti altri paesi, come l’Indonesia (+10%), l’India (+5%), il Giappone (+5%), il Canada (+20%), la Russia (+10%), gli USA (+5%), il regno Unito (+5%), la Cina (+5%) e la Germania (+10%).

La più scaricata è Instagram, TikTok la più utilizzata, Facebook quella con più utenti

Instagram è stata la app in assoluto più scaricata nel secondo trimestre del 2022, mentre TikTok è stata quella utilizzata più a lungo. Facebook è ancora l’app con più utenti attivi al mese, sopra a WhatsApp, Instagram, Messenger, TikTok, Telegram, Amazon, Twitter, Spotify e Netflix. Tra i videogiochi, Pokémon Go ha segnato un vistoso aumento di utenti grazie alla nuova stagione, iniziata il primo giugno di quest’anno, riporta Adnkronos.

Dopo la pandemia il tempo medio di utilizzo ha continuato a crescere

Il tempo medio di utilizzo delle app mobili, si legge su AppAndroid, ha raggiunto l’apice nel corso del secondo trimestre del 2020 a causa della pandemia, ma sembra che in alcuni paesi molte persone abbiano mantenuto le abitudini acquisite durante i vari lockdown. Il tempo medio trascorso utilizzando varie applicazioni mobili non solo non è diminuito dopo la normalizzazione della situazione sanitaria, ma ha continuato a crescere.

Pmi e rincari: nel 2022 quasi 106 miliardi per luce e gas 

Pmi e rincari: nel 2022 quasi 106 miliardi per luce e gas 

A causa dei rincari di energia elettrica e gas il costo aggiuntivo che le Pmi italiane subiranno nel 2022 sfiora i 106 miliardi di euro, una stangata che rischia di provocare una vera debacle al nostro sistema produttivo. La stima è stata calcolata dall’Ufficio studi CGIA ipotizzando per l’anno in corso gli stessi consumi registrati nell’anno pre-pandemia, ma applicando per l’intero 2022 le tariffe medie di luce e gas sostenute in questi ultimi sei mesi. I 106 miliardi di extra costo, tuttavia, potrebbero essere addirittura sottostimati: se dal prossimo autunno la Russia dovesse chiudere ulteriormente le forniture di gas verso l’Europa, è probabile che il prezzo di questa materia prima subirà un’impennata. 

Una bolletta da 108,5 miliardi di euro

Se ciò dovesse accadere, il costo medio dell’ultima parte dell’anno salirebbe a un livello molto superiore a quello registrato nei primi sei mesi del 2022. In ogni caso, se nel 2019 il costo medio dell’energia elettrica ammontava a 52 euro per MWh, nei primi sei mesi del 2022 si è attestato a 250 euro (+378%). Pertanto, a fronte di un consumo di 217.334 GWh, il costo totale in capo alle imprese nel 2019 ha toccato i 35,9 miliardi di euro, mentre quest’anno la bolletta toccherà 108,5 miliardi di euro (+72,6 miliardi).

Più 33,3 miliardi di euro spesi per il gas

Per il gas, viceversa, se tre anni fa il costo medio era di quasi 16 euro per MWh, nei primi sei mesi del 2022 il prezzo ha sfiorato i 100 euro (+538%). Perciò, a fronte di un consumo medio annuo di 282.814 GWh, nel 2019 le imprese hanno sostenuto un costo medio complessivo pari a 9,5 miliardi di euro, contro i 42,8 miliardi del 2022 (+33,3 miliardi di euro).
Sommando quindi i 72,6 miliardi di extra costi per la luce e i 33,3 per il gas otteniamo 105,9 miliardi di costi aggiuntivi che le aziende dovranno farsi carico quest’anno rispetto al 2019.

Il Governo in parte ha smorzato l’impennata dei costi energetici

Ancorché insufficienti, va comunque segnalato che il Governo – riporta Askanews – ha in parte smorzato l’impennata dei costi energetici. I soldi messi a disposizione per mitigare i rincari nel biennio 2021-22, infatti, ammontano, includendo anche il Decreto Aiuti, a 22,2 miliardi di euro, di cui 16,6 nel 2022. Di questi, 3,2 miliardi hanno ‘ristorato’ le famiglie, 7,5 le imprese e 11,5 sosterranno sia le prime sia le seconde.